abril 20, 2015

Amianto a Palazzo Nuovo

Da anni se ne parla dell'amianto a Palazzo Nuovo dell'Università di Torino. Ci bazzico da molti anni, prima come studente e poi come dipendente. Molti i docenti, alcuni di essi già morti di cancro, che denunciavano il fatto. Come al solito si fa orecchie da mercanti.
All'Università di Torino, ma chissà in quanti altri  impieghi statali, si continua a far quello che si vuole. Corsie preferenziali, concorsi truccati, lasciapassare, ecc. ecc.
Il gravissimo discorso sull'amianto, però, lasciato in sospeso da troppo tempo.
Sono contento di lasciare questo posto per svariati motivi, anche per questo modo di fare da quarto mondo. Dopo essere stato trattato a pesci in faccia per favorire i soliti raccomandati, essere stato sfruttato per pochi euro al mese, mi rende pieno di orgoglio andarmene dove la meritocrazia è parte integrante del lavoro. L'America!
Ne avrei da raccontare e presto o tardi lo farò. Dopo un anno e mezzo in Ufficio Stampa Università potrei scrivere un libro.

Vergogna!
Ecco cosa dicono La Stampa e La Repubblica
Palazzo Nuovo potrebbe restare chiuso anche per più di dieci giorni. Al momento è solo un’ipotesi ma non troppo inverosimile. La serrata decisa (anche un po’ polemicamente) dal rettore Ajani vista l’inchiesta della procura che lo vede indagato per «omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro» potrebbe prolungarsi oltre il 27 aprile, magari non su tutto il palazzone che ospita i dipartimenti umanistici ma su alcune parti.
È un’eventualità talmente realistica che ieri Ajani e il direttore generale Segreto, insieme ai tecnici dell’Università, hanno incontrato il sindaco, alcuni assessori e funzionari del Comune. Un vertice - erano presenti oltre venti persone - con un punto decisivo all’ordine del giorno: che fare se l’Università avrà bisogno di nuovi spazi in cui ospitare le lezioni e le sessioni d’esame? In via Verdi aspettano i risultati delle verifiche dei prossimi giorni, da cui dovrebbe emergere un quadro chiaro della situazione e degli interventi necessari per riportare la normalità. Ma non escludono che a Palazzo Nuovo serva una cura da cavallo e che non tutto si possa realizzare tenendo aperte tutte le aule e garantendo una piena agibilità dell’edificio.

A caccia di spazi
Servono soluzioni di ripiego. È ciò su cui si è ragionato ieri. L’Università ha chiesto un aiuto al Comune che si è detto disponibile a verificare la disponibilità di alcune strutture di grandi dimensioni: il centro congressi Torino Incontra, il Teatro Gobetti. Dal canto suo, l’ateneo ha allacciato contatti con alcuni cinema. Una ricognizione che - attualmente - serve soltanto a cautelarsi dalle cattive notizie che potrebbero arrivare nei prossimi giorni. Compresi i provvedimenti giudiziari.
L’Asl ha pressoché ultimato la relazione da consegnare al sostituto procuratore Raffaele Guariniello, frutto dei sopralluoghi ma anche di tutta la documentazione acquisita in Università. Con risultati sorprendenti. Ad esempio questo: «Nel linoleum delle scale di Palazzo Nuovo e nei magazzini ci sono fibre d’amianto». Lo dicono i verbali dell’ispezione di mercoledì scorso, ma lo diceva già due anni prima il laboratorio di tossicologia ed epidemiologia industriale dell’Università, che ha sede al Cto ed è diretto dal professor Canzio Romano. Nel 2013 fu chiesta una perizia su alcuni materiali provenienti da Palazzo Nuovo. I sospetti furono confermati. Da allora si sa che quelle scale erano potenzialmente pericolose e che andavano bonificate.
In arrivo altre sanzioni
Le analisi del Cto fanno parte del fascicolo che gli ispettori, che venerdì sono rimasti a Palazzo Nuovo fino a notte fonda, stanno riempiendo con documenti, mail e delibere. Bisogna capire perché a due anni da quelle analisi il problema non è stato risolto. Non che si sia fatto nulla: i rattoppi, qua e là, ci sono. Ma l’Asl non avrebbe mai ricevuto, come invece prevede la legge, comunicazioni sulla rimozione dell’amianto da parte delle ditte che lavoravano per l’Università. E, di conseguenza, non avrebbe potuto verificare se i lavori fatti erano a regola d’arte o alla carlona. Di sicuro non sono stati risolutivi. «La nostra impressione è che nessuno ne abbia controllato esito e tenuta», dice Stefano Vannicelli, delegato sindacale dei dipendenti amministrativi, che hanno più volte chiesto la bonifica, specie dopo quelle analisi del 2013.
Intanto, l’Arpa ha consegnato all’Università - con cui ha una convenzione firmata l’anno scorso e costata 470 mila euro - la prima parte della mappatura dell’amianto a Palazzo Nuovo. Per ora bocche cucite sulle conclusioni, ma sembra che la bonifica dovrà essere ben più estesa rispetto ai punti indicati finora dallo Spresal: il linoleum sarebbe danneggiato anche in altre parti dell’edificio (alcune biblioteche) e ci sarebbero problemi anche in certe aule. L’Università ha già consegnato un primo piano dei lavori allo Spresal, che ora dovrà valutarlo. È praticamente certo che, viste le carenze riscontrate dall’Asl, all’ateneo arriveranno nuove contestazioni e anche multe.
Rischia di trasformarsi in uno scandalo l'accordo costato 500mila euro tra l'ateneo e l'Agenzia regionale per l'ambiente, che non avrebbe segnalato alla procura molte criticità
di OTTAVIA GIUSTETTI

Un anno di silenzio sull'amianto a Palazzo Nuovo: inchiesta sulle "dimenticanze" dell'Arpa
Il ruolo ambiguo dell'Arpa nei controlli dell'amianto a Palazzo Nuovo, e la consulenza da 500mila euro affidatale dal rettore Gianmaria Ajani, finiscono al centro dell'inchiesta che ha portato alla chiusura urgente dell'edificio: una vicenda che ora rischia di trasformarsi in uno scandalo. Sembra infatti che, in virtù dell'accordo siglato con l'ateneo, l'Agenzia abbia "dimenticato" di segnalare alla procura molte altre criticità. "Dimenticato" perché nella natura stessa di quella consulenza c'è una sospetta anomalia. Gli esperti dell'Arpa hanno prima di tutto un ruolo super partes di polizia giudiziaria: e ogni segnalazione, prima di tutto, devono inviarla allo Spresal (Servizio per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro dell'Asl 1) e alla procura di Torino. A maggior ragione trattandosi della presenza di amianto in edifici che ogni giorno sono frequentati da migliaia di studenti e personale dipendente come Palazzo Nuovo. Non, insomma, di piccole cose risolvibili con banali interventi.
Invece, secondo quanto emerge dai primi controlli di documenti, sembra che l'Arpa - guidata da Angelo Robotto - abbia osservato un ostinato silenzio sul problema amianto all'Università per quasi un anno, da quando ha assunto il ruolo di «tutore» nella messa in sicurezza degli edifici. Forse solo per errore, qualche giorno fa, il rapporto sulle particelle pericolose trovate in un campione prelevato nell'impianto di aerazione di Palazzo Nuovo è arrivato negli uffici dello Spresal che lavora fianco a fianco con i magistrati del pool di Guariniello. Rapporto dal quale è scattato, qualche giorno dopo, il sopralluogo con la decisione di chiudere parte dell'edificio a studenti e dipendenti. Quanto prima si sarebbe dovuto deciderlo? È possibile che l'Università abbia inteso di aver già risolto la questione della sicurezza dei suoi edifici spendendo i 500 mila euro della consulenza all'Arpa? Nei prossimi giorni il procuratore Guariniello cercherà di chiarire se ci siano state avvisaglie di possibili rischi per la salute delle persone prima della segnalazione recente e perché siano state tenute confinate negli uffici ai piani alti dell'Università. Le iscrizioni nel registro degli indagati potrebbero estendersi anche a quei direttori che hanno ricevuto i dati sull'amianto e non sono intervenuti per proteggere le persone che lavorano e studiano nel Palazzo.
È questo il nuovo capitolo della lunga e sfortunata vicenda che da anni si trascina all'Università, mentre istituzioni anche più complesse da gestire come l'ospedale delle Molinette sono riuscite a bonificare interi edifici senza mai arrivare all'estremo di dover chiudere reparti. Non più di un paio di anni fa un altro consulente nominato dall'ateneo per sorvegliare sul problema amianto, il professore Canzio Romano, responsabile del laboratorio di Ttossicologia dell'Università, rassicurava gli studenti e i professori minimizzando: «Siete più sicuri stando alla vostra scrivania dentro Palazzo Nuovo, con le finestre chiuse, che se lavoraste tutto il giorno in piazza Castello». Romano, tra l'altro, è stato consulente per la difesa di Stephan Schmidheiny nel processo Eternit di primo grado: dichiarava in aula che i morti di Casale Monferrato non erano vittime della fabbrica d'amianto. Nel giugno 2013 Romano aveva firmato un documento, dimenticato almeno fino al febbraio 2014, nel quale parlava del linoleum incriminato: «Le microanalisi confermano la presenza di fasci di amianto crisotilo - scriveva nella relazione - a un'ispezione visiva il linoleum analizzato si trova pressocché in quasi tutte le aule di tutti i piani». Insomma l'amianto c'era, ma solo nel pavimento, tanto che il testo concludeva dicendo: «Le indagini eseguite non hanno evidenziato la presenza di fibre nell'aria».
La particella killer è tornata oggetto di attenzione ufficialmente solo il 5 aprile 2015, quando la relazione dell'Arpa, inviata all'Università e questa volta anche allo Spresal, ha evidenziato la necessità di rimuovere il linoleum dove è rimasto.
L'ultima grande ristrutturazione dell'edificio, costata 17 milioni di euro, aveva infatti consentito di sostituirlo quasi ovunque. Dal 5 aprile al blitz della polizia giudiziaria di Guariniello sono trascorsi poco più di dieci giorni, troppo pochi per giustificare l'inerzia che avrebbe spinto la procura a passare all'azione. Per questo, negli interrogatori di questi giorni, si cerca di chiarire chi sapesse del problema e della sua pericolosità e da quanto tempo.