Occorre stoppare il despota Hugo Chavez. La chiusura della
più antica televisione venezuelano è il segnale di come stia male la democrazia
e la libertà di pensiero nel paese.
Enrique è alla guida della vecchia jeep che ci porta verso
Punto Fijo, cittadina nel nord ovest venezuelano, non lontana dalla laguna di
Maracaibo, la zona petrolifera del nostro paese. Il mio amico guida
nervosamente, si dice felice di rivedermi e durante il tragitto mi racconta
come la sua famiglia e tutti i suoi parenti stiano vivendo l’attuale situazione
venezuelana. Il padre di Enrique è di origini italiane mentre la madre è
originaria di Maracaibo. Una vita fatta di piccoli sacrifici e voglia di
raggiungere un posto al sole, una piccola azienda per la surgelazione di
gamberi e frutti di mare che erano poi distribuiti in tutto il mondo.
Un’azienda familiare che funzionava abbastanza bene e che improvvisamente ha
conosciuto la crisi più nera. Il governo non permette che si prendano delle
iniziative commerciali o quant’altro, qualsiasi piccolo imprenditore è
costretto a stare con le mani legate e quindi a chiudere. Gli operai della
“Mariscos Centilli” sono rimasti tutti senza lavoro, ognuno di loro ha una
famiglia e dei figli, ma a nessuno importa che siano rimasti disoccupati, tanto
meno al jefe che invece non fa altro che parlare di socialismo. Enrique guida e
parla mentre le ruote del fuoristrada finiscono continuamente nelle numerose
buche del manto stradale, sono quasi voragini, all’interno dell’abitacolo i
sussulti sono talmente forti che, per non sbattere la testa da qualche parte,
si è costretti a viaggiare tenendosi da qualsiasi appiglio disponibile. Sono
contento, finalmente respiro di nuovo l’aria del mio paese e sento di nuovo i
profumi dei fiori e delle spezie che arrivano alle narici mentre passiamo dai
piccoli centri abitati, dove le donne, nell’impossibilità di acquistare carni
pregiate e formaggi costosi, friggono i platanos e scaldano i fagioli neri
speziati al cumino. Quasi leggendomi nel pensiero Enrique interrompe le mie
riflessioni e mi dice: ‘questa gente non soffre per la mancanza di cibo, sono
anni che vivono in questa situazione, la cosa peggiore, per loro, è la mancanza
di libertà che cominciano ad avvertire, inizialmente avevano creduto alla
rivoluzione sociale ma ora si rendono conto che la qualità è peggiorata
moltissimo e che non esiste più sicurezza nemmeno di vivere”. Ricordo Enrique
da adolescente, sempre allegro e ricco di iniziative, amante della musica e del
ballo, sentire ora le sue parole mi intristiscono. In serata arriviamo a casa
sua e incontro tutta la famiglia, i ricordi di quando eravamo ragazzi a
Caracas, prima del trasferimento a Punto Fijo, ritornano tutti per regalarci
qualche ora di serenità. Quando il padre di Enrico parla di Chavez abbassa la
voce, come se temesse che anche in casa sua qualcuno lo possa spiare. Sorrido
meravigliato per questo e lui, vecchio saggio, mi guarda dritto negli occhi e
con la determinazione tipica del meridione italiano, con un linguaggio misto
tra spagnolo e napoletano mi dice: “non sorridere, io questi comunisti li
ucciderei tutti”. Vengo a conoscenza di fatti che da soli potrebbero riempire
le pagine di un libro di suspence e dei thriller più scioccanti, storie di
spionaggio e cose che in Venezuela non mi sarei mai aspettato che potessero
accadere. Di fronte alla mia riluttanza e incredulità mi mettono sotto al naso
la nuova costituzione bolivariana, fresca fresca, progettata dall’attuale
governo che, mascherato da socialismo, in realtà nasconde un’anima comunista
della peggiore specie. Le prime due leggi che mi vengono agli occhi si occupano
del tradimento di pensiero, sono previsti, cioè, fino a sei anni di carcere per
chi fa della propaganda contro il governo. Alla faccia della democrazia! Alla
faccia di chi ha osato definire la trasformazione del Venezuela un risultato
della democrazia più grande dell’America latina. Bugie! Solo bugie. Cosa
significa la costituzione bolivariana? Bolivar è morto da tantissimi anni e non
sapeva nemmeno cosa fosse la rivoluzione industriale. Improvvisamente pare che
Simon e Chavez siano un connubio indissolubile, tanto che le parole di uno
vengono confuse con quelle dell’altro e parlare di uno o dell’altro sia la
stessa identica cosa. Simon Bolivar diventa incredibilmente un sostenitore di
Carlo Marx, mentre Chavez è in realtà il ritorno in carne del libertador. Simon
chiedeva, però, la vita e la libertà per la gente, viveva in povertà, mentre il
presidente venezuelano vieta il libero pensiero e vive negli sfarzi come un
nababboe che spenda milioni e milioni di dollari per pubblicizzare la sua
corrente comunista. Un paese libero e sincero come il Venezuela diventa
bersaglio di meschini sotterfugi per cancellare la memoria, la storia e la
libertà d’espressione. Vengono censurati i libri di storia, le parole in tv, i
giornali e non esiste alcuna possibilità di opposizione. I venezuelani
all’estero, grazie anche a Internet, denunciano questo stato di cose e non
possono rimanere impassibili di fronte alle false affermazioni per cui in
Venezuela tutto starebbe andando per il meglio. Sia benedetto l’arrivo di
Internet che diventa in questo momento l’unica possibilità d’espressione.
Questa rivoluzione non è la nostra, questo è soltanto l’anticamera del
comunismo cubano. In Italia si è liberi, non si viene perseguiti legalmente
perché non approvi quello che fa il governo, non si va in galera perché dici
quel che pensi o sei contrario al governo.
Cosmo de La Fuente