Che sfacelo tentare di essere, di mostrarsi, di apparire. Illudersi e ingannare gli altri nei panni di quello che non si è per poi restare a bocca asciutta. Aver sprecato momenti di vita e parole, fiumi di parole. Si è vittime di tutti oppure, in modi diversi, siamo tutti pedine dello stesso gioco? Sarebbe facile rispondere sostenendo che siamo marionette, tutti. Non credo che sia così però. La pedina viene mossa da altri che pedine non possono essere, così come i fili delle marionette sono gestiti da persone diverse. Siamo formati da due classi umane dunque: quella dirigente e quella obbediente. Qualche sporadico componente della classe degli obbedienti ci prova a ribellarsi, forse si spezza un filo della marionetta, ma subito dopo viene ricucito e nulla cambia. Essere un dirigente o un obbediente non ha a che fare con un ceto sociale o un livello economico. Ci sono dirigenti che arrivano dai più squallidi quartieri di una città, che non hanno cultura e non sono nemmeno delle persone prestanti; parallelamente ci sono obbedienti che sono anche ottimi professionisti e sono persone stimate nella società. Non ci sono regole di questo tipo e quindi questa situazione non è catalogabile e gestibile. Nasciamo in un modo o in un altro. Se incappiamo nell’incontro giusto possiamo vivere soddisfatti, se il ruolo non ci piace diventiamo dei ribelli. Il ribelle è come l’angelo rinnegato da Dio. S’immedesima nella vita del modello che vuole imitare e finge di essere qualcun altro. Non finge solo per ingannare chi gli sta incontro, lo fa anche per imbrogliare se stesso. Quando si guarda allo specchio si sente realizzato, ma questa è solo una situazione precaria, momentanea, effimera. Come riconoscere il falso dirigente? Parrebbe difficilissimo ma c’è un sistema che ritengo infallibile. Il falso dirigente, l’ipocrita, quello che è sottoposto al vero comandante che, a sua volta, viene da lui descritto come un obbediente, non regge il tuo sguardo. Se l’hai riconosciuto non vuole sentirti parlare e si illude che tu stia dicendo sciocchezze, ma, non dubitare, nel suo animo c’è una guerra; sta attraversando un terremoto interiore, ma lui è abituato a fingere, quindi non fa una piega. Spesso il falso dirigente diventa contemplativo e si affida nelle mani del falso obbediente, perché è ovvio e inevitabile che un falso dirigente non possa accompagnarsi con un vero obbediente. Se sono in coppia sono invertiti: un falso obbediente sta insieme a un falso dirigente. Quale sarà l’arma del falso dirigente? Non considerare chi ha centrato il problema. Chi si rende conto di queste situazioni vive male, secondo me. La vita diventa un inferno e l’impossibilità di agire per sanare l’insanabile porta essi a una pesante depressione che deve essere annientata se si vuol continuare a vivere. Qui nasce la terza categoria che non è né migliore né peggiore delle altre quattro (falso-vero dirigente e falso-vero obbediente), quella dell’indipendente psicologico. In questa ultima categoria, però, si può essere tranquilli o insofferenti. C’è chi vive la situazione in maniera rilassata e osservatrice, c’è chi, invece, tenta di salvare gli altri per un innato istinto. Questi ultimi vivono malissimo perché, come si è detto, nella classe dei ‘falsi’ e dei ‘veri’ nulla si può cambiare. L’unico vantaggio degli indipendenti è che, con sforzi notevoli, ha la possibilità di passare da uno stato all’altro e quindi è possibile che un guerriero indipendenti si trasformi, per istinto di sopravvivenza, in riflessivo e viva serenamente il resto della sua vita. Il bruciante rammarico di vedere un parente, un amico, una persona rosolarsi nel ruolo di sottoposto nella finzione di essere un dirigente viene col tempo spento dall’acqua della riflessione interiore. Chissà se Pirandello, nella sua letteratura delle maschere, avesse fatto riferimento a questo, così come la letteratura internazionale del ‘doppio’, quella del Dr. Jekill e Mr. Hyde per intenderci.
articolo di Cosmo de La Fuente (prelevabile citando autore e fonte)
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