Solo 24 cittadini italiani su 100 considerano l'attuale opposizione una valida alternativa al governo in carica. E' quanto emerge da un sondaggio IPSOS pubblicato giovedì su Il Sole 24 Ore. Sono numeri simili a quelli del tasso di fiducia nel governo Prodi nei mesi che precedettero il patatrac del gennaio 2008. In quasi due anni, quindi, sembra che poco o nulla sia cambiato nella considerazione dell'elettorato nei confronti della sinistra: un disastro quando era al governo, un disastro ora che è all'opposizione. Forse è anche per questo che, di fatto, tutta la dialettica politica non avviene più lungo l'asse destra-sinistra, bensì si svolge all'interno di un solo schieramento: da destra a destra. Tanto che anche molte posizioni un tempo rappresentate dalla gauche nostrana sono ormai divenute, non di rado, patrimonio del centrodestra, che le ha rielaborate in chiave post-ideologica e le ha rese nuovamente servibili per la definizione di una efficace politica di governo (basti pensare alle misure sociali messe in campo dal Berlusconi IV in questo anno di crisi economica).
A conferma di questa nuova dinamica politica vi sono altri numeri che emergono dal sondaggio dell'IPSOS: il 36% degli operai, ad esempio, afferma di votare per il Pdl. Il partito di maggioranza diventa così, a tutti gli effetti, un vero partito del popolo, mettendo definitivamente una pietra tombale sul vecchio dogma dell'operaio che vota a sinistra. Perché la sinistra ha abbandonato la classe operaria e la classe operaia è andata con Berlusconi.
Ma se le cose stanno in questo modo non è soltanto per demerito della sinistra, ma anche e forse soprattutto per merito di Berlusconi e dei suoi alleati, che hanno saputo interpretare i nuovi bisogni della società italiana in una prospettiva di realismo politico che ha consentito loro di «sfondare» in settori dell'elettorato un tempo considerati appannaggio esclusivo della gauche. Mentre la sinistra, negli ultimi 15 anni, ha pensato soltanto al modo migliore per disarcionare il Cavaliere e farlo fuori dalla scena pubblica, il leader del centrodestra ha continuato a macinare politica, a parlare dei problemi della gente, a elaborare idee per ripresentarsi di fronte ai cittadini con proposte di buon senso per il governo del paese. E oggi la storia e i numeri gli danno ragione.
Sono dunque saltati i vecchi schemi destra-sinistra, o almeno sono saltati nella declinazione che ad essi è sempre stata data fino al 1994. Per questo coloro che oggi ipotizzano strane alchimie contabili e nuove geometrie variabili per immaginare maggioranze diverse da quella attuale non soltanto non hanno dalla loro parte i numeri, ma soprattutto mostrano di non aver compreso come e quanto sono cambiati gli italiani e l'Italia negli ultimi tre lustri. E' un modo di ragionare che è destinato inesorabilmente a produrre sconfitte su sconfitte chissà per quanto tempo ancora, perché non fa i conti col popolo e con la realtà del paese. Il contrario di quanto stanno facendo il governo Berlusconi e il Popolo della Libertà, come confermato dai risultati del sondaggio IPSOS: dopo la più pesante crisi economica degli ultimi decenni, dopo gli attacchi quotidiani ricevuti da giornali e tv, dopo le campagne di delegittimazione morale a mezzo gossip, dopo le immancabili inchieste della magistratura, l'esecutivo e il Pdl conservano ancora un solido consenso popolare, che rappresenta la miglior garanzia e il maggior sprone per proseguire speditamente e senza indugi e tentennamenti nel cammino intrapreso il 13 aprile 2008. Avanti, Popolo!
A conferma di questa nuova dinamica politica vi sono altri numeri che emergono dal sondaggio dell'IPSOS: il 36% degli operai, ad esempio, afferma di votare per il Pdl. Il partito di maggioranza diventa così, a tutti gli effetti, un vero partito del popolo, mettendo definitivamente una pietra tombale sul vecchio dogma dell'operaio che vota a sinistra. Perché la sinistra ha abbandonato la classe operaria e la classe operaia è andata con Berlusconi.
Ma se le cose stanno in questo modo non è soltanto per demerito della sinistra, ma anche e forse soprattutto per merito di Berlusconi e dei suoi alleati, che hanno saputo interpretare i nuovi bisogni della società italiana in una prospettiva di realismo politico che ha consentito loro di «sfondare» in settori dell'elettorato un tempo considerati appannaggio esclusivo della gauche. Mentre la sinistra, negli ultimi 15 anni, ha pensato soltanto al modo migliore per disarcionare il Cavaliere e farlo fuori dalla scena pubblica, il leader del centrodestra ha continuato a macinare politica, a parlare dei problemi della gente, a elaborare idee per ripresentarsi di fronte ai cittadini con proposte di buon senso per il governo del paese. E oggi la storia e i numeri gli danno ragione.
Sono dunque saltati i vecchi schemi destra-sinistra, o almeno sono saltati nella declinazione che ad essi è sempre stata data fino al 1994. Per questo coloro che oggi ipotizzano strane alchimie contabili e nuove geometrie variabili per immaginare maggioranze diverse da quella attuale non soltanto non hanno dalla loro parte i numeri, ma soprattutto mostrano di non aver compreso come e quanto sono cambiati gli italiani e l'Italia negli ultimi tre lustri. E' un modo di ragionare che è destinato inesorabilmente a produrre sconfitte su sconfitte chissà per quanto tempo ancora, perché non fa i conti col popolo e con la realtà del paese. Il contrario di quanto stanno facendo il governo Berlusconi e il Popolo della Libertà, come confermato dai risultati del sondaggio IPSOS: dopo la più pesante crisi economica degli ultimi decenni, dopo gli attacchi quotidiani ricevuti da giornali e tv, dopo le campagne di delegittimazione morale a mezzo gossip, dopo le immancabili inchieste della magistratura, l'esecutivo e il Pdl conservano ancora un solido consenso popolare, che rappresenta la miglior garanzia e il maggior sprone per proseguire speditamente e senza indugi e tentennamenti nel cammino intrapreso il 13 aprile 2008. Avanti, Popolo!
(articolo di Gianni Bordero)
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