enero 27, 2010

Chavez: la fine di un dittatore, despota, tiranno.



Occorre stoppare il despota Hugo Chavez. La chiusura della più antica televisione venezuelano è il segnale di come stia male la democrazia e la libertà di pensiero nel paese.
Enrique è alla guida della vecchia jeep che ci porta verso Punto Fijo, cittadina nel nord ovest venezuelano, non lontana dalla laguna di Maracaibo, la zona petrolifera del nostro paese. Il mio amico guida nervosamente, si dice felice di rivedermi e durante il tragitto mi racconta come la sua famiglia e tutti i suoi parenti stiano vivendo l’attuale situazione venezuelana. Il padre di Enrique è di origini italiane mentre la madre è originaria di Maracaibo. Una vita fatta di piccoli sacrifici e voglia di raggiungere un posto al sole, una piccola azienda per la surgelazione di gamberi e frutti di mare che erano poi distribuiti in tutto il mondo. Un’azienda familiare che funzionava abbastanza bene e che improvvisamente ha conosciuto la crisi più nera. Il governo non permette che si prendano delle iniziative commerciali o quant’altro, qualsiasi piccolo imprenditore è costretto a stare con le mani legate e quindi a chiudere. Gli operai della “Mariscos Centilli” sono rimasti tutti senza lavoro, ognuno di loro ha una famiglia e dei figli, ma a nessuno importa che siano rimasti disoccupati, tanto meno al jefe che invece non fa altro che parlare di socialismo. Enrique guida e parla mentre le ruote del fuoristrada finiscono continuamente nelle numerose buche del manto stradale, sono quasi voragini, all’interno dell’abitacolo i sussulti sono talmente forti che, per non sbattere la testa da qualche parte, si è costretti a viaggiare tenendosi da qualsiasi appiglio disponibile. Sono contento, finalmente respiro di nuovo l’aria del mio paese e sento di nuovo i profumi dei fiori e delle spezie che arrivano alle narici mentre passiamo dai piccoli centri abitati, dove le donne, nell’impossibilità di acquistare carni pregiate e formaggi costosi, friggono i platanos e scaldano i fagioli neri speziati al cumino. Quasi leggendomi nel pensiero Enrique interrompe le mie riflessioni e mi dice: ‘questa gente non soffre per la mancanza di cibo, sono anni che vivono in questa situazione, la cosa peggiore, per loro, è la mancanza di libertà che cominciano ad avvertire, inizialmente avevano creduto alla rivoluzione sociale ma ora si rendono conto che la qualità è peggiorata moltissimo e che non esiste più sicurezza nemmeno di vivere”. Ricordo Enrique da adolescente, sempre allegro e ricco di iniziative, amante della musica e del ballo, sentire ora le sue parole mi intristiscono. In serata arriviamo a casa sua e incontro tutta la famiglia, i ricordi di quando eravamo ragazzi a Caracas, prima del trasferimento a Punto Fijo, ritornano tutti per regalarci qualche ora di serenità. Quando il padre di Enrico parla di Chavez abbassa la voce, come se temesse che anche in casa sua qualcuno lo possa spiare. Sorrido meravigliato per questo e lui, vecchio saggio, mi guarda dritto negli occhi e con la determinazione tipica del meridione italiano, con un linguaggio misto tra spagnolo e napoletano mi dice: “non sorridere, io questi comunisti li ucciderei tutti”. Vengo a conoscenza di fatti che da soli potrebbero riempire le pagine di un libro di suspence e dei thriller più scioccanti, storie di spionaggio e cose che in Venezuela non mi sarei mai aspettato che potessero accadere. Di fronte alla mia riluttanza e incredulità mi mettono sotto al naso la nuova costituzione bolivariana, fresca fresca, progettata dall’attuale governo che, mascherato da socialismo, in realtà nasconde un’anima comunista della peggiore specie. Le prime due leggi che mi vengono agli occhi si occupano del tradimento di pensiero, sono previsti, cioè, fino a sei anni di carcere per chi fa della propaganda contro il governo. Alla faccia della democrazia! Alla faccia di chi ha osato definire la trasformazione del Venezuela un risultato della democrazia più grande dell’America latina. Bugie! Solo bugie. Cosa significa la costituzione bolivariana? Bolivar è morto da tantissimi anni e non sapeva nemmeno cosa fosse la rivoluzione industriale. Improvvisamente pare che Simon e Chavez siano un connubio indissolubile, tanto che le parole di uno vengono confuse con quelle dell’altro e parlare di uno o dell’altro sia la stessa identica cosa. Simon Bolivar diventa incredibilmente un sostenitore di Carlo Marx, mentre Chavez è in realtà il ritorno in carne del libertador. Simon chiedeva, però, la vita e la libertà per la gente, viveva in povertà, mentre il presidente venezuelano vieta il libero pensiero e vive negli sfarzi come un nababboe che spenda milioni e milioni di dollari per pubblicizzare la sua corrente comunista. Un paese libero e sincero come il Venezuela diventa bersaglio di meschini sotterfugi per cancellare la memoria, la storia e la libertà d’espressione. Vengono censurati i libri di storia, le parole in tv, i giornali e non esiste alcuna possibilità di opposizione. I venezuelani all’estero, grazie anche a Internet, denunciano questo stato di cose e non possono rimanere impassibili di fronte alle false affermazioni per cui in Venezuela tutto starebbe andando per il meglio. Sia benedetto l’arrivo di Internet che diventa in questo momento l’unica possibilità d’espressione. Questa rivoluzione non è la nostra, questo è soltanto l’anticamera del comunismo cubano. In Italia si è liberi, non si viene perseguiti legalmente perché non approvi quello che fa il governo, non si va in galera perché dici quel che pensi o sei contrario al governo.

Articolo di Cosmo de La Fuente



Due giorni fa il Venezuela è stato teatro di una serie di manifestazioni a favore e contro il Governo, svoltesi in diverse città del Paese e con particolare intensità a Caracas, dove si sono verificati gli incidenti più gravi, con la morte di un giovane quindicenne che stava partecipando a una manifestazione filo-governativa.
Sotto accusa, in particolare, la scelta del Presidente Chavez di oscurare ben sei reti televisive tra cui “Radio Caracas Television International” (Rctvi), emittente ritenuta contraria alla linea politica del Governo. Le tv in questione, considerate responsabili della violazione della legge sulle telecomunicazioni per le emittenti nazionali, nei giorni precedenti la chiusura non avevano garantito la trasmissione dei messaggi presidenziali, ponendosi così in aperto contrasto con Chavez (la legge dice che devono trasmettere per legge le "cadenas" cioè i discorsi del presidente).
"Voglioni zittirci, ma non ci riusciranno perché la gente ci conosce da anni, e vuole sentirci", ha detto alla stampa Miguel Angel Rodriguez, uno dei volti più noti dell'emittente Rctvi reagendo a caldo al provvedimento. I canali via cavo sospesi, oltre a Rctvi, sono Ritmo Son, Momentum, America TV, American Network e TV Chile. Ma Rctvi è la più importante e influente. È stata fondata tre anni fa, dopo che il suo predecessore, la Rctv, si era vista ritirare l'autorizzazione per trasmettere in chiaro, a causa del suo appoggio al fallito golpe anti-chavista del 2002.
Il segretario dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa) Insulza ha offerto la propria mediazione per risolvere lo scontro tra il governo venezuelano e le sei reti televisive coinvolte, dichiarandosi disponibile a collaborare per favorire il dialogo tra le parti, invitando altresì il Presidente Chavez ad accogliere una delegazione della Commissione interamericana per i diritti umani, che ha fortemente criticato la decisione di reprimere parte del sistema televisivo nazionale.
Nel frattempo, uno degli uomini più vicini al Presidente, il Vicepresidente e Ministro della Difesa, Ramon Carrizalez, ha rassegnato le dimissioni ufficialmente “per motivi personali”, ma c’è già chi collega tale decisione alla crisi del Governo di Chavez (anche la moglie di Carrizàlez, il ministro dell'Ambiente Yubirì Ortega, si è dimessa dall'incarico governativo). Carrizàlez, ex colonnello dell'esercito, era stato nominato vice di Chàvez nel 2008, dopo il fallito tentativo di riforma costituzionale proposta dal leader bolivariano. Il suo arrivo alla vicepresidenza era stato visto da molti analisti come una virata conservatrice del governo venezuelano.
Tra mille contraddizioni, Chavez si prepara ad affrontare le elezioni legislative di settembre in un clima di crescente malcontento popolare. Malcontento alimentato da una politica interna di controllo dei mezzi di comunicazione fortemente discutibile e che non si concilia con la politica estera presuntamente “solidaristica” sbandierata dal governo venezuelano, come la scelta di cancellare il credito nei confronti di Haiti (che ammonterebbe a circa 295 milioni di dollari), a seguito della tremenda sciagura che ha colpito di recente il Paese caraibico.
Le proteste sono scoppiate dopo la mezzanotte di ieri in vari quartieri di Caracas, dopo che gli operatori di tv via cavo hanno sospeso il segnale di Rctvi. "Pensano che se chiudono i microfoni e nessuno ne parla, l'inflazione e l'insicurezza spariranno per magia", ha commentato ironicamente un manifestante citato dalla stampa locale. Da mesi, i venezuelani stanno soffrendo con il razionamento di acqua ed energia elettrica.

Vete Chevez, ya el pueblo venezolano no te quiere, vete y deja en paz la tierra de Simon Bolivar, que nada tiene que ver contigo. Dictador, déspota.

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