junio 15, 2009

Chavez spia tutti dal satellite. Il mio cuore è per il popolo, ma lui è solo un falso socialista. Liberateci dal mostro.


Il grande fratello venezuelano. Liberateci da Chavez.

Mario Vargas LLosa su 'La Stampa' scrive:

"Ho paura di Chavez,mi guarda dal satellite"

Nei quartieri poveri di Caracas nessuno osa votare contro il presidente. I sindacati, unici a fare resistenza contro l'ondata autoritaria.

Il convegno su Libertà e Democrazia tenutosi a Caracas il 28 e 29 maggio che sarebbe rimasto ignoto al grande pubblico e confinato in un ristretto ambito di intellettuali, si è trasformato, grazie al governo del presidente Chavez, in un evento di portata internazionale. Meno male: molte persone hanno potuto, così, rendersi conto dei soprusi che si commettono ogni giorno - qui, nella terra di Bolivar - contro le libertà civili ed essere informati del coraggio dimostrato da tanti venezuelani nell’opporsi al progetto statalista e totalitario che vuole tramutare questo paese in una seconda Cuba. Un governo anacronisticoIn un centinaio tra scrittori, intellettuali, politici e giornalisti siamo stati a Caracas per celebrare i 25 anni del Cedice, un istituto che si propone di difendere la cultura democratica e la libera economia e che, nonostante gli attacchi di cui è stato ed è vittima, continua a promuovere le idee liberali pur nell’ossessiva campagna centralista e collettivista condotta da uno dei governi più anacronistici del mondo occidentale. È vero che il Venezuela non è ancora Cuba visto che restano spazi per l’impresa privata e la libertà di stampa (anche se, via via, stanno restringendosi). Sia gli imprenditori privati sia i giornali indipendenti lavorano sottoposti a vessazioni e a minacce e sotto la spada di Damocle della confisca, dell’esproprio e della chiusura. E, nonostante le denunce, le multe e le trappole di carattere amministrativo che li strangolano, è ammirevole vedere con quale schiena dritta affrontino questa lotta. La battaglia di GlobovisionIl giorno dell’inaugurazione del convegno si celebravano i due anni dalla chiusura di Radio Caracas Television al termine dell’epica battaglia per la sopravvivenza sostenuta dal suo proprietario, Marcel Granier, e dalle centinaia di giornalisti e di altri lavoratori. Oggi l’obiettivo del regime è rappresentato dall’ultimo canale indipendente in cui l’opposizione può esporre le proprie idee: Globovision. Stanno preparando il terreno con un’offensiva di calunnie e di deliranti accuse contro questa rete e il suo proprietario, Guillermo Zuloaga, la cui casa è stata perquisita dalla polizia pochi giorni fa e nei confronti del quale il governo di Chavez ha appena aperto un’inchiesta per ipotetici traffici illegali: una colossale panzana prima di sferrare il colpo finale a una rete televisiva che lotta per essere libera in un paese in cui la libertà si sta spegnendo giorno dopo giorno come la fiammella d’una candela. Proprio com’era accaduto per Radio Caracas Television, i quattrocento giornalisti e dipendenti di Globovision hanno serrato le fila in difesa del loro posto di lavoro e della loro dignità. Qual è la reale popolarità di cui gode Hugo Chavez? La politica del rullo compressore In una delle relazioni più importanti dell’intero convegno, Maria Corina Machado, fondatrice del movimento «Sùmate», ha dimostrato, con documenti inconfutabili, che il regime di Chavez, sotto la sua patina chiassosa e caotica, utilizza un rullo compressore intelligente e implacabile per intimidire ed estorcere voti soprattutto agli impiegati pubblici, ai pensionati, agli operai e ai precari offrendo sicurezza di lavoro in cambio di appoggio politico e facendo credere di controllare ogni loro movimento e ogni loro parola e che, quindi, se non seguiranno in toto le direttive imposte, la rappresaglia del governo s’abbatterà su essi come una ghigliottina privandoli del posto, del salario o della pensione. La relatrice ha raccontato che, in uno dei quartieri più poveri di Caracas, i cittadini le hanno confessato che non osavano votare contro Chavez perché un «satellite» li controllava persino all’interno della cabina elettorale. L’offensiva contro il settore dell’economia privata è terribile. Per un terzo è già finita nelle mani dello Stato. Due milioni di ettari sono stati sottratti ai proprietari per essere trasformati - con un termine ripreso dalla dittatura militare peruviana del generale Velasco Alvarado - in imprese di «proprietà sociale». E, allo stesso modo, è avvenuta la statalizzazione - in base a qualche pretesto o senza pretesto alcuno con un semplice atto di prepotenza - delle imprese elettriche, della maggior parte di quelle che si occupano di telecomunicazioni, dei cementifici, di tutte le aziende di servizio legate al petrolio, di quelle siderurgiche e di innumerevoli piccole e medie imprese di vario genere. Nel settore finanziario il Banco di Santander è stato il primo a cadere vittima della statalizzazione.La forza dello scioperoÈ vero, si tengono ancora le elezioni, ma si tratta d’una «operazione di pubbliche relazioni» perché il governo ignora i risultati e annienta o persegue gli eletti dell’opposizione. È il campo sindacale quello in cui l’autoritarismo di Chavez ha trovato maggior resistenza ai propri appetiti d’egemonia. I lavoratori venezuelani non si lasciano ingannare o intimorire. Nel tentativo di sostituire la Centrale dei Lavoratori del Venezuela (Ctv) affiliata alla Oit (Organizzazione Internazionale dei Lavoratori) Chavez ha costituito l’Unione Bolivariana dei Lavoratori, sindacato che, nonostante il dichiarato appoggio del regime - o, forse, proprio per questo - non riscuote successo e non solo manca di legittimità, ma anche di iscritti. Quasi tutti gli sforzi del governo e degli uomini del regime di conquistare i sindacati si sono rivelati un fallimento saldandosi, a volte, con violenze di piazza e omicidi. In realtà non sono esclusivamente gli imprenditori a guidare la lotta contro le statalizzazioni, ma gli stessi operai - il numero di scioperi in Venezuela è, probabilmente, il più alto di tutta l’America del Sud - consapevoli che, una volta fagocitati dal settore pubblico, i loro luoghi di lavoro non solo sarebbero ostaggio dell’inefficienza e della corruzione, ma anche della politicizzazione che premia i servi e chi china la testa e penalizza chi è indipendente e chi si avvale del diritto di critica. Una delle sessioni più emozionanti del convegno è stata quella in cui i giovani sindaci di Chacao, Sucre e Baruta - e, prima, quello di Caracas - hanno spiegato come riescano, nonostante i miseri fondi che il governo dà loro per punirli d’essere all’opposizione, a fare opere pubbliche, lavorare con la popolazione per ridurre la delinquenza e il consumo di droghe, migliorare la scuola e promuovere l’educazione civica e la cultura democratica dei cittadini. La lucidità dei visionari Come non nutrire speranze in un paese in cui tutte le università, private e pubbliche, rifiutano il progetto totalitario e in cui gli studenti sono in prima fila nelle manifestazioni contro le pretese di Chavez di trasformare il Venezuela in una società oscurantista e dittatoriale come Cuba e la Corea del Nord? Sono stati loro il motore della mobilitazione che ha portato Chavez alla sconfitta nel plebiscito. E che dire degli intellettuali, degli artisti, degli scrittori? La rivoluzione chavista è la prima nella storia a nascere orfana di idee e di princìpi e ha dovuto accontentarsi solo di slogan, ritornelli e luoghi comuni perché, nelle sue fila, c’erano agitatori, ma non pensatori e scrittori degni di questo nome. Rivoluzioni come la russa o la cinese o la cubana hanno calamitato, nei primi anni, l’idealismo e la fantasia di grandi creativi che, ingenui, le hanno ammantate di bellezza e di prestigio: dopo hanno pagato a caro prezzo l’errore finendo nei gulag o rimanendo vittime della «rivoluzione culturale» o essendo costretti all’esilio. Ma in Venezuela, salvo eccezioni che si contano sulle dita d’una mano, la classe degli intellettuali ha mostrato, sin dai primi momenti, di possedere una lucidità visionaria dei rischi che sono in gioco e da allora, con tutte le ovvie sfumature, non ha potuto essere reclutata (vale a dire, castrata) dal regime: è lì, pulita e dritta, pronta a combattere, un esempio per i suoi colleghi del resto del mondo. Nei cinque giorni che ho trascorso in Venezuela mi sono sentito vivo come nella migliore stagione della mia adolescenza. Ora lo sono ancora di più, per la straordinaria lezione di nobiltà che tutti noi partecipanti al convegno abbiamo ricevuto da tante venezuelane e venezuelani indomabili.
Mario Vargas Llosa


Controlla il telefono, controlla il voto.

Non possiamo accettare questo, il mondo deve, a questo punto, intromettersi. E' questione di diritti umani. Non c'è libertà di pensiero, non c'è libertà di parola, ci lavano il cervello. Non possiamo accettare. L'America non fa niente perhè Chavez gli serve. E' uno schifo.

CdF

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