septiembre 22, 2007

La Chiesa in Venezuela (2nda parte)

Quest'articolo ci è stato segnalato e lo pubblico volentieri

DOC-1891. CARACAS-ADISTA. Se i rapporti tra il presidente Hugo Chávez e i vertici ecclesiastici venezuelani non sono mai stati amichevoli - il sostegno di alcuni vescovi al golpe antichavista dell’11 aprile del 2002 è storia già scritta - la riforma della Costituzione, annunciata dal presidente già all’indomani delle elezioni del dicembre 2006, ha ulteriormente acuito le tensioni. Nell’Esortazione pastorale diffusa dai vescovi il 7 luglio scorso, in occasione della loro 88.ma Assemblea plenaria, l’attacco al progetto di riforma costituzionale, sferrato peraltro prima che tale progetto fosse presentato, è stato durissimo: "I temi al centro dei cambiamenti costituzionali, così come sono stati ventilati dall’opinione pubblica, e, soprattutto, la modalità stessa del processo di elaborazione, che non accoglie sufficientemente lo spirito di partecipazione richiesto dalla Carta costituzionale, destano seri dubbi sulla natura democratica della riforma. Diverse decisioni ufficiali, come pure lo slogan ‘Patria, socialismo o morte’, e dichiarazioni del presidente e dei portavoce del governo fanno supporre che tale riforma si orienti verso l’introduzione di un sistema socialista fondato sulla teoria e la prassi del marxismo-leninismo".
Secondo i vescovi, altri sono i problemi di cui dovrebbe occuparsi il governo: la povertà, la disoccupazione, gli insufficienti servizi pubblici, i bambini di strada, gli anziani abbandonati, la violenza crescente e pure gli attentati alla libertà d’espressione, tra cui risalta il rifiuto del governo di rinnovare la concessione a "uno dei più importanti canali televisivi del Paese" (è con soddisfazione che la Conferenza episcopale plaude al "movimento studentesco che, con creatività e coraggio, sotto le consegne della libertà e della riconciliazione" è sceso in strada a difendere il diritto all’informazione). Attaccando il presidente sul suo terreno, quello delle conquiste sociali della rivoluzione bolivariana, l’episcopato si è poi detto inquieto per il fatto che "si intenda risolvere i problemi sociali che ci opprimono con misure populiste, invece di utilizzare le abbondanti entrate petrolifere per trovare soluzioni strutturali alle nostre gravi deficienze". Infine, i vescovi hanno denunciato la tendenza di Chávez "a insultare o aggredire persone o istituzioni che dissentono dalle sue opinioni o progetti". "Il Venezuela ha bisogno di benedizioni, non di improperi. Ha bisogno che si applichi la Costituzione vigente, non una nuova", e ha bisogno che si ponga fine all’odio e agli insulti e che "i suoi figli e figlie si riconcilino, si rispettino e vivano in pace".
Quello che i vescovi non dicono
Ma sulla rivoluzione bolivariana guidata dal presidente Chávez, che, a proposito di insulti, è stato definito dal card. Rosalio Castillo Lara "dittatore paranoico" ed è stato paragonato da mons. Baltazar Porra, arcivescovo di Merida e attuale primo vicepresidente del Celam, a Hitler e Mussolini, la Conferenza episcopale non dice proprio tutto. Nessun accenno, ad esempio, a quanto ripetutamente espresso da Chávez riguardo al socialismo del XXI secolo, così battezzato proprio per distinguerlo da modelli socialisti precedenti, di cui il nuovo socialismo dovrà, tra le altre cose, superare l'assenza di partecipazione popolare al processo decisionale, la mancanza di pluralismo, il capitalismo di Stato, lo scarso rispetto dei diritti umani. Ma, soprattutto, nulla dicono i vescovi delle Missioni sociali, dei programmi educativi, della rivoluzione in campo sanitario, delle misure orientate a porre le basi di uno sviluppo endogeno, il tutto realizzato proprio con "le abbondanti entrate petrolifere", quelle che, prima di Chávez, si intascava direttamente l’oligarchia senza per questo attirarsi le critiche dell’episcopato: "Più di 3 milioni di ettari – scrive, a proposito della campagna di diffamazione condotta contro il presidente venezuelano, Ignacio Ramonet – sono stati distribuiti ai contadini. Milioni di bambini e di adulti sono stati alfabetizzati. Sono stati costituiti migliaia di dispensari medici nei quartieri popolari. Decine di migliaia di persone senza mezzi sono state operate agli occhi gratuitamente. I prodotti alimentari di base sono sovvenzionati e offerti ai poveri a prezzi inferiori del 42% a quelli di mercato". Con il risultato che tra il 1999 e il 2005 il numero di poveri è sceso dal 42,8% della popolazione al 33,9% e quello delle persone impegnate nell’economia informale dal 53% al 40%, con una crescita economica del 12% negli ultimi 3 anni, tra le più alte al mondo.
Tanto meno ricorda, l’episcopato, a proposito del mancato rinnovo della concessione alla Rctv, il ruolo fondamentale svolto dall'emittente televisiva privata durante il golpe 2002 e la sua costante difesa degli interessi imperialisti Usa.
"Decide il popolo"
In risposta alle critiche dell’episcopato, Chávez ha invitato i vescovi, qualificati come "ignoranti, bugiardi e ingannatori", a recitare "100 Padre Nostro e 100 Ave Maria come penitenza" per le menzogne espresse riguardo alle modalità del progetto di riforma (portato avanti, secondo i vertici della Conferenza episcopale, in "laboratori e gruppi chiusi", senza alcun coinvolgimento della popolazione), ricordando come, in base alla Costituzione bolivariana del 1999, "qualunque riforma" del testo debba essere presentata e discussa all’Assemblea Nazionale e poi approvata in un referendum popolare: "Se il popolo dirà no - ha affermato -, sarà no, io farò sempre quello che decide il popolo". Quanto ai contenuti (di cui la stampa italiana ha evidenziato appena l’elemento di colore costituito dalla proposta di assegnare alla capitale Caracas un nome più legato alla tradizione: Cuna de Bolívar y Reina del Guaraira Repano, cioè culla di Bolívar e Regina del Mare fatto Terra), presentando lo scorso 16 agosto la proposta di riforma, relativa a 33 dei 350 articoli della Costituzione del 1999, il presidente ha sottolineato la volontà di avanzare verso la "costruzione della patria socialista", rafforzando la partecipazione del popolo attraverso i consigli comunali, i tavoli tecnici dell’acqua e dell’energia e altri meccanismi di organizzazione popolare.
Non tutta la Chiesa, in ogni caso, è in linea con i vertici ecclesiastici. Come ha sottolineato lo stesso Chávez, esiste un "gran numero di parroci e sacerdoti veramente cristiani, che camminano con il popolo e condividono la speranza popolare: quelli sono veri sacerdoti, gli altri sono dei farisei, degli ipocriti, come diceva Gesù stesso". Di queste voci solidali al processo della rivoluzione bolivariana, nonché al progetto di costruzione di una società socialista, riportiamo qui di seguito, in una nostra traduzione dallo spagnolo, quella del parroco di San Buenaventura del Roble a San Félix Matías Camuñas (ripresa da Adital del 9 luglio) e quella della religiosa del Sacro Cuore di Gesù Jacquelin Jiménez, dell’Associazione civica incontro ecumenico "Juan Vives", Ecuvives (tratta dal bollettino settimanale Alas del 25 agosto). (claudia fanti)

1 comentario:

Moebius93 dijo...

Chavez, continua così, ma occhio a Natzinger e bush che vogliono fotterti il petrolio come hanno già fatto in iraq.
Spero che il popolo non si faccia turlupinare daiii preti perchè tanto non ce n'è uno buono!!
Forza Chavez!