junio 29, 2006

Gravina di Puglia. Assistenti sociali...i nuovi mostri






Assistenti sociali .... i nuovi mostri


... (continua il discorso sulla vicenda dei fratelli di Gravina)




Importanti compagnie turistiche italiane hanno compreso l’importanza della ‘formazione’ dei dipendenti come strategia necessaria allo sviluppo del turismo con conseguente aumento dei guadagni . La formazione comincia alla radice, dagli aspiranti camerieri e aiuto cucina dei ristoranti, addetti alle pulizie degli alberghi, portieri dei musei, ecc. Quando un cliente rimane scontento (...).
Ci sono situazioni ben più gravi della chiusura di un esercizio commerciale, situazioni per cui non esiste nessun tipo di resoconto o punizione. Gli errori commessi dal Tribunale dei minori e le inadempienze degli assistenti sociali, ad esempio, non vengono neppure verificati. Chi controlla il loro operato? Chi stabilisce la giusta pena per gli errori commessi?
Rileggendo a ritroso alcune decine di casi in cui i minori hanno subito danni a causa della mancata verifica, nel tempo, della situazione psicologica e la sofferenza di chi ha subito la separazione di un figlio, mi sono reso conto che le colpe da attribuire ad alcuni di questi dipendenti incapaci sono molte. E’ grave che a pagarne le spese siano i bambini.
(....)
Dove finisce la responsabilità del tribunale dei Minori? Dove comincia la responsabilità degli assistenti sociali e fino a che punto è giusto godere di invulnerabilità penale da parte di questa categoria di impiegati? Che percorso di studi e quale tirocinio professionale hanno sostenuto questi signori che, forse involontariamente, hanno il potere di distruggere la vita di adulti e di bambini?
La cosa più logica sarebbe che il Tribunale stabilisse un percorso psicologico per tutti i componenti della famiglia a rischio, un sostegno che duri nel tempo, anche dopo l’eventuale sfascio, in modo che non si verifichino situazioni come quella della bambina morta di stenti in Puglia o il triplice omicidio compiuto da Antonio Faccini. (...)
Non dobbiamo più accettare le solite risposte tipo: ‘possiamo mica monitorare questi casi per anni?’. La risposta è : ‘CERTO’. (...)
(...)che si perpetua nel nostro paese, però, non è certamente meglio. Chissà quale sarà l’epilogo della vicenda dei fratellini di Gravina di Puglia, ma temo che anche questa volta, il Tribunale dei minori e i vari assistenti sociali, che avrebbero dovuto occuparsi di loro si sono limitati a lanciare la bomba dalla finestra. Dicono che gli assistenti siano stati interrogati, ma signori miei, cosa volete che sappiano se il loro lavoro è terminato quando la famiglia cominciava a sfasciarsi? Avrebbero dovuto continuare a monitorare questo nucleo diviso e il tribunale, dopo aver inferto il suo colpo ‘vivisezionistico’, avrebbe dovuto assicurare la tutela di piccoli.
Vorrei chiedere ufficialmente a chi ha il potere di fare qualcosa in Italia, e mi rivolgo a un paio di Ministri ‘importanti’, del passato e del presente, di stravolgere completamente quello che è il Tribunale dei Minori, che, a conti fatti, invece di essere un organo preposto alla salvaguardia dei minori è diventato il lupo mannaro. Ancora una volta credo che sia sufficiente il Tribunale ordinario, che potrebbe nominare assistenti sociali validi, equamente remunerati, psicologi,medici allenati e preparati quindi organizzare metodi di controllo sulle famiglie a rischio, onde evitare che i bambini subiscano, paradossalmente, le gravi conseguenze del mal operato del tribunale nato per loro.
Mani pulite, piedi puliti e, questa volta, mettiamoci pure ‘Tribunali coscienti’. Verifichiamo percorso psicologico degli assistenti sociali, il loro itinerario di studio e la loro esperienza,
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Intervento di Marco Baldassari

Tolta al padre perchè manca la figura materna Un'intricata vicenda familiare, il disperato appello di un papà contro i giudici minorili.Gianni sgrana gli occhioni blu, mentre papà Salvatore racconta l'odissea della sua famiglia impossibile, della sorellina Caterina, della mamma Silvia, della nonna Serena, una famiglia divisa prima dai vizi della vita e poi dalla burocrazia dei tribunali. Gianni guarda papà e fa sì con la testa, interviene a puntualizzare il discorso, srotola i disegni a pennarello che gli ha regalato Caterina. Parla come un adulto e ha solo 11 anni, costretto a crescere in fretta per cercar di capire quello che nemmeno un adulto può capire: perchè non può vivere sotto lo stesso tetto con il padre, la nonna e la sorellina di 8 anni? I rapporti degli psicologi e degli assistenti sociali, le sentenze del Tribunale e della Corte d'appello danno sempre la stessa risposta: a Caterina manca "una valida figura materna", quindi deve restare per tre anni (prorogabili) in una famiglia che non è la sua, in affidamento, dopo un anno di sballottamenti da una comunità all'altra. "La vedo tutti i sabati, Caterina. Quando la sera la riportiamo indietro, papà resta fuori, e io salgo su con lei. Lei piange, io trattengo le lacrime fin sulle scale, e ogni volta vorrei riportarla a casa con me". Salvatore G. ha 54 anni. Aveva un'impresa edile, ma si infortunò a una mano, e ora tira avanti facendo il broker. Nel 1991 si separa dalla convivente, e il Tribunale dei minori gli affida Gianni, purchè abiti con la zia paterna. Poi però nasce Caterina e papà e mamma tornano insieme. Ma nel '96 la madre, con seri problemi di alcolismo, se ne torna dai suoi, portando con sè i bambini. Il Tribunale li affida ai nonni materni, ma nel '98 tornano dal papà: a patto che - ordina il Tribunale - vivano con la nonna paterna. Ma ogni visita della madre è una lite, e così intervengono gli assistenti sociali del comune. E, il 12 agosto '99, i giudici dispongono l'allontanamento forzato" di Gianni e Caterina, con un incredibile blitz di due assistenti sociali e sette agenti di polizia. Finiscono in una comunità fuori Torino per sei mesi, finchè si scopre che mangiano male e sono trattati peggio. Li separano: lui a Torino, lei a Cuneo. Altri sei mesi. Il 13 giugno il Tribunale mette fine all'esilio di Gianni: può tornare a casa. Ma Caterina no, Caterina dev'essere affidata a un'altra famiglia. Per tre anni, forse sei. Papà Salvatore ricorre, ma il 7 settembre perde anche in appello. Caterina "ha bisogno profondo di una figura materna". "Mi restano solo la Cassazione e la Corte europea, ma ci vogliono tanti soldi, e io non ne ho più. Che devo fare? Ho i rapporti favorevoli dello psicologo. Ho gli elogi dei giudici. Ho una madre che non è anzianissima, che adora i miei figli ed è adorata da loro. Ma tutto questo non conta nulla, così come il "principio di fratria", che vieterebbe di separare i fratelli. Quel che conta è che sono un papà e non una mamma. Ma non mi risulta che si tolgano le figlie a tutti i padri rimasti vedovi". Gianni lo fissa con gli occhioni blu, poi lo interrompe: "Con questa intervista, io rischio di tornare in comunità. Ma ne abbiamo parlato a lungo, con papà: questa è l'ultima speranza di riportare a casa Caterina. Il 17 ottobre compierà 8 anni. Non potremo nemmeno festeggiarla. Non cade di sabato, purtroppo, quel giorno".

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segue l'articolo: ' I fratelli di Gravina: individuato il possibile lupo mannaro'

junio 28, 2006

Fratelli di Gravina: individuato il possibile lupo mannaro




Fratelli di Gravina: individuato il possibile
lupo mannaro.......



Mi sono rivolto a uno specialista laringoiatra perché visitasse la mia bambina sofferente di iper adenoidismo e tonsillite. Mi aspettavo che questo medico si occupasse dei problemi dei suoi problemi di salute in maniera accurata e approfondita e che mi seguisse nell’eventuale decorso postoperatorio. Fui soddisfatto. Ancora oggi, che sono passati tre anni dall’intervento, egli controlla regolarmente che tutto sia andato a posto e, soprattutto, che non vi siano problemi di altro tipo derivati dall’operazione.
Questo medico ha fatto il suo dovere.
Quando qualcosa non funziona in casa valutiamo a chi rivolgerci: un elettricista, un fabbro o un idraulico, dipende dal tipo di guasto. Se, per esempio, un elettricista ripara un interruttore e dopo due giorni questo torna a guastarsi, sarà lui a risponderne garantendoci un nuovo intervento in maniera gratuita. Peccato che non sia così semplice quando parliamo di bambini.
Esempi banali possono rendere l’idea se adesso, fermandoci cinque minuti a riflettere, ci porgiamo alcuni interrogativi in merito all’operato del Tribunale dei minori che, a differenza del Tribunale ordinario, dovrebbe essere l’organo specializzato e preposto a tutelare il benessere dei figli e, di conseguenza, dei loro genitori. Ma andiamo per gradi. Chi è Rosa Carlucci, la mamma dei fratellini di Gravina di Puglia? Il paese mormora che sia una donna senza anima. Non saremmo invece di fronte all’ennesimo caso di bambini sistemati e mai più seguiti dal tribunale dei minori che ne aveva deciso le sorti? Che fine hanno fatto gli assistenti sociali che avrebbero dovuto garantire la serenità dei minori? Questa donna, Rosa, vista come un essere senza sentimenti, come ha vissuto il fatto che i suoi figli siano stati affidati soltanto al padre? Il tribunale dei minori ha provveduto in qualche maniera ad assicurare un percorso psicologico dei genitori, soprattutto di quello non affidatario, in modo che questi ragazzi non dovessero correre dei rischi?
Non sappiamo un bel niente. Non siamo ancora al corrente di dove si trovino Francesco e Salvatore, ma una cosa è certa, qualcosa in quella famiglia ‘scoppiata’ non funzionava, un piccolo ingranaggio dell’illusorio meccanismo del ‘tutto a posto’ non ha funzionato e, ancora una volta, due innocenti ne sono andati di mezzo.
A questo punto la domanda sorge spontanea. Qual è la differenza tra il tribunale dei minori e quello ordinario? Il primo dovrebbe accertarsi che i minori vengano ‘veramente’ tutelati, assicurando loro l’effettiva e immediata bigenitorialità e, nei casi in cui motivi provati rendano impossibile l’affidamento condiviso perché, per esempio, uno dei genitori è indegno, dorebbero essere doppiamente seguiti a tempo indeterminato. Cosa ne sappiamo di come possa reagire un padre o una madre a cui viene tolta la potestà genitoriale? Bisognerebbe assicurare, per esempio, un percorso psicologico per genitori e figli onde evitare che accadano fatti incresciosi di cui conosciamo soltanto l’epilogo ma non i motivi scatenanti. Ci scandalizziamo che i due fratelli avessero i pidocchi e nessuno si fosse curato di disinfestarli.
Non si conosce il colpevole della sparizione dei fratelli di Gravina ma molti puntano il dito sulla freddezza materna. E’ facile addossare colpe ma noi non sappiamo molto. Ancora una volta, secondo il mio modesto punto vista, il lavoro eseguito del tribunale specifico incaricato alla sorte di minori è rimasto a metà. Non si può decidere di affidare a un solo genitore un minore e passare al caso successivo senza considerare l’eventualità di aver sfasciato un equilibrio dimenticando di verificare, negli anni a venire, che tutto proceda nel verso giusto; è impensabile non considerare la possibilità che ci sia un adulto che perda la testa o che non si siano venute a creare situazioni di sofferenza dei bambini. Se un tribunale dei minori non prevede queste eventualità, tanto vale che a stabilire l’affidamento dei bambini sia il tribunale ordinario, ci guadagneremmo almeno nei tempi, visto che quest’ultimo è più celere.
Non stiamo parlando di interruttori malfunzionanti o di serrature difettose, discutiamo di bambini. Quando si tratta di minori le precauzioni e le responsabilità non possono e non devono mai essere considerate eccessive o di non competenza delle istituzioni che giocano allo scarica barile. Chi tutela i bambini dagli errori del tribunale dei minori? Chi tutela i minori dalla debolezza psichica indotta del genitore non affidatario? Chi si prende carico del controllo della situazione minorile dopo la separazione dei genitori? Chi segue psicologicamente la famiglia prima che arrivi alla separazione?
Urge un avvocato del bambino, un tutor o, almeno, un tribunale che esegua fino in fondo il proprio dovere, senza porsi dei limiti di responsabilità. Se questo non è possibile che venga abolito e che sia un tribunale ordinario a gestire l’affidamento. Quale governo, quale colore politico si occuperà di istituire una o più figure incaricate al controllo del pre, del durante e del post affidamento dei minori? Queste figure altamente professionali andrebbero stipendiate, lo so, ma in Italia per i bambini si fa qualsiasi cosa. O no?
Non limitiamoci a cercare il lupo mannaro della vicenda dei ragazzi di Gravina, e domandiamoci, piuttosto, dove riposassero gli assistenti sociali e le istituzioni quando ancora non splendeva la luna piena. Dov’erano gli assistenti sociali quando non si accorsero di quella mamma,sempre in Puglia, che, colta da follia, lasciava che sua figlia, di soli nove mesi, morisse per deperimento? Nemmeno l’aveva fatta vaccinare. Gli assistenti avevano bussato alla porta di casa, la donna non apriva quindi se ne andavano convinti che le loro responsabilità non andassero oltre al tentativo di visita.
Sono troppi i lupi mannari.
Cosmo de La Fuente

cosmo@cosmodelafuente.com

junio 26, 2006

Fratelli di Gravina: individuato il possibile lupo mannaro


Il tribunale dei Minori "dovrebbe" essere un organo che si occupa, in maniera specifica dei minori e invece, il più delle volte, lascia il lavoro incompleto. La lettera del nostro amico 'anonimo' è ancora un esempio di questo. Come sarebbero importanti gli assistenti sociali se eseguissero realmente il loro lavoro, con coscienza e sensibilità!

ww2..... (trovi il suo intervento tra i commenti)
Chi scrive è un "lupo mannaro", in più di un senso se mi si passa la battuta (che d'altronde capisco solo io...e non è molto lo ammetto), uno di quelli che sono stati condannati prima delle indagini, sulla base di "si dice" che poi, ma ci sono voluti due anni,è stato riconosciuto innocente e vittima.Credo che se il mio caso fosse arrivato al disonor del cronaca, sarei stato sbattuto in prima pagina e sottoposto al pubblico ludibrio fino alla comparsa del "mostro" successivo.Già, perchè ci deve sempre essere un mostro da sbandierare affinchè le persone "perbene" possano indignarsi quel tanto che basta da poter dimenticare che proprio la loro ignavia produce questo sistema di crocifissione pubblica e di oblio.L'oblio, tanto caro e tanto comodo alle istituzioni che dovrebbero fare luce dove le ombre del sospetto e della meschinità creano situazioni ad alto rischio, che quando esplodono in tutta la loro virulenza e violenza, lasciano tutti falsamente stupiti.Non voglio criminalizzare le persone che in queste istituzioni lavorano, ma certamente stigmatizzare il comportamento spesso troppo "da dipendente statale".Le risposte che si sentono poi quando i fatti diventano di pubblico dominio, sono sempre le stesse, non potevamo sapere (ma non è il vostro compito?), non potevamo immaginare (non vi si chiede fantasia ma buonsenso), non abbiamo i mezzi (possibile che salta sempre fuori la carenza di qualcosa di indispensabile ma che non c'è quando serve?) e così via citando.Nei tempi più bui della mia esperienza, un pensiero era ricorrente; perchè non si usa mai il buonsenso? il beneficio del dubbio? l'indagine diretta sui fatti? ma soprattutto, davvero bisogna arrivare a fatti estremi per ottenere quel minimo di attenzione necessaria?Quei bambini, come altri, sono stati lasciati forse soli ad affrontare eventi che farebbero tremare i polsi di un adulto, e, forse, hanno cercato aiuto nel posto sbagliato.Chissà se anche qui sentirò al telegiornale "Non potevamo immaginare...".Mi auguro di no, sarebbe un'altra sconfitta di tutti noi, che abbiamo il dovere di salvaguardare il benessere dei bambini.















Fratelli di Gravina: individuato il possibile lupo mannaro

Mi sono rivolto a uno specialista laringoiatra perché visitasse la mia bambina sofferente di iper adenoidismo e tonsillite. Mi aspettavo che questo medico si occupasse dei suoi problemi di salute in maniera accurata e approfondita e che la seguisse nell’eventuale decorso postoperatorio. Fui soddisfatto. Ancora oggi, che sono passati tre anni dall’intervento, egli controlla regolarmente che tutto sia andato a posto e, soprattutto, che non vi siano problemi di altro tipo derivati dall’operazione.
Questo medico ha fatto il suo dovere.
Quando qualcosa non funziona in casa valutiamo a chi rivolgerci: un elettricista, un fabbro o un idraulico, dipende dal tipo di guasto. Se, per esempio, un elettricista ripara un interruttore e dopo due giorni questo torna a guastarsi, sarà lui a risponderne garantendoci un nuovo intervento in maniera gratuita. Peccato che non sia così semplice quando parliamo di bambini.
Esempi banali possono rendere l’idea se adesso, fermandoci cinque minuti a riflettere, ci porgiamo alcuni interrogativi in merito all’operato del Tribunale dei minori che, a differenza del Tribunale ordinario, dovrebbe essere l’organo specializzato e preposto a tutelare il benessere dei figli e, di conseguenza, dei loro genitori. Ma andiamo per gradi. Chi è Rosa Carlucci, la mamma dei fratellini di Gravina di Puglia? Il paese mormora che sia una donna senza anima. Non saremmo invece di fronte all’ennesimo caso di bambini sistemati e mai più seguiti dal tribunale dei minori che ne aveva deciso le sorti? Che fine hanno fatto gli assistenti sociali che avrebbero dovuto garantire la serenità dei minori? Questa donna, Rosa, vista come un essere senza sentimenti, come ha vissuto il fatto che i suoi figli siano stati affidati soltanto al padre? Il tribunale dei minori ha provveduto in qualche maniera ad assicurare un percorso psicologico dei genitori, soprattutto di quello non affidatario, in modo che questi ragazzi non dovessero correre dei rischi?
Non sappiamo un bel niente. Non siamo ancora al corrente di dove si trovino Francesco e Salvatore, ma una cosa è certa, qualcosa in quella famiglia ‘scoppiata’ non funzionava, un piccolo ingranaggio dell’illusorio meccanismo del ‘tutto a posto’ non ha funzionato e, ancora una volta, due innocenti ne sono andati di mezzo.
A questo punto la domanda sorge spontanea. Qual è la differenza tra il tribunale dei minori e quello ordinario? Il primo dovrebbe accertarsi che i minori vengano ‘veramente’ tutelati, assicurando loro l’effettiva e immediata bigenitorialità e, nei casi in cui motivi provati rendano impossibile l’affidamento condiviso perché, per esempio, uno dei genitori è indegno, dorebbero essere doppiamente seguiti a tempo indeterminato. Cosa ne sappiamo di come possa reagire un padre o una madre a cui viene tolta la potestà genitoriale? Bisognerebbe assicurare, per esempio, un percorso psicologico per genitori e figli onde evitare che accadano fatti incresciosi di cui conosciamo soltanto l’epilogo ma non i motivi scatenanti. Ci scandalizziamo che i due fratelli avessero i pidocchi e nessuno si fosse curato di disinfestarli.
Non si conosce il colpevole della sparizione dei fratelli di Gravina ma molti puntano il dito sulla freddezza materna. E’ facile addossare colpe ma noi non sappiamo molto. Ancora una volta, secondo il mio modesto punto vista, il lavoro eseguito del tribunale specifico incaricato alla sorte di minori è rimasto a metà. Non si può decidere di affidare a un solo genitore un minore e passare al caso successivo senza considerare l’eventualità di aver sfasciato un equilibrio dimenticando di verificare, negli anni a venire, che tutto proceda nel verso giusto; è impensabile non considerare la possibilità che ci sia un adulto che perda la testa o che non si siano venute a creare situazioni di sofferenza dei bambini. Se un tribunale dei minori non prevede queste eventualità, tanto vale che a stabilire l’affidamento dei bambini sia il tribunale ordinario, ci guadagneremmo almeno nei tempi, visto che quest’ultimo è più celere.
Non stiamo parlando di interruttori malfunzionanti o di serrature difettose, discutiamo di bambini. Quando si tratta di minori le precauzioni e le responsabilità non possono e non devono mai essere considerate eccessive o di non competenza delle istituzioni che giocano allo scarica barile. Chi tutela i bambini dagli errori del tribunale dei minori? Chi tutela i minori dalla debolezza psichica indotta del genitore non affidatario? Chi si prende carico del controllo della situazione minorile dopo la separazione dei genitori? Chi segue psicologicamente la famiglia prima che arrivi alla separazione?
Urge un avvocato del bambino, un tutor o, almeno, un tribunale che esegua fino in fondo il proprio dovere, senza porsi dei limiti di responsabilità. Se questo non è possibile che venga abolito e che sia un tribunale ordinario a gestire l’affidamento. Quale governo, quale colore politico si occuperà di istituire una o più figure incaricate al controllo del pre, del durante e del post affidamento dei minori? Queste figure altamente professionali andrebbero stipendiate, lo so, ma in Italia per i bambini si fa qualsiasi cosa. O no?
Non limitiamoci a cercare il lupo mannaro della vicenda dei ragazzi di Gravina, e domandiamoci, piuttosto, dove riposassero gli assistenti sociali e le istituzioni quando ancora non splendeva la luna piena. Dov’erano gli assistenti sociali quando non si accorsero di quella mamma,sempre in Puglia, che, colta da follia, lasciava che sua figlia, di soli nove mesi, morisse per deperimento? Nemmeno l’aveva fatta vaccinare. Gli assistenti avevano bussato alla porta di casa, la donna non apriva quindi se ne andavano convinti che le loro responsabilità non andassero oltre al tentativo di visita.
Sono troppi i lupi mannari.
Cosmo de La Fuente
Ultim'ora Lupo Mannaro News
27 GIU- Condannata a 30 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato la mamma della piccola Eleonora, morta di stenti a Bari nel gennaio 2005. Inflitta la stessa pena al convivente della 24enne, un pregiudicato di 44 anni. La sentenza e' stata emessa dal gup di Bari Marco Guida al termine di un processo celebrato con rito abbreviato. Il giudice ha assegnato un risarcimento simbolico dei danni di un euro al padre legittimo della bimba di 16 mesi morta, che si era costituito parte civile.
© Ansa
Quanti lupi da condannare. Dov'erano oggi, durante la sentenza al lupo mamma, i lupi assistenti sociali? Si riposavano altrove? Quelli che, non ricevendo risposta, pur sapendo che il lupo mamma era in casa, se ne andavano tranquilli. Ci vuole un cambiamento radicale !

junio 22, 2006

1)Riparliamo di Antonio – 2)Simon Bolivar (seconda parte)


Carissimi,
prima di postare la seconda parte della storia di Simón Bolivar, vorrei tornare a parlare brevemente del caso ‘Antonio Faccini’ perché qualcuno mi ha chiesto come mai non ne abbiamo più parlato.
Da anni mi interesso del dramma vissuto dai genitori che vengono separati dai figli e soprattutto dei bambini che rimangono senza il padre a causa della mancata applicazione della legge sulla bigenitorialità. Il caso Faccini sconfina in un campo dove non si può parlare unicamente di figli negati o di uomini penalizzati, proprio perché il dramma peggiore lo sta vivendo un innocente di sei anni, testimone oculare dell’omicidio della propria madre.
La priorità credo che sia quella di proteggere questo bambino e si rischia, invece, di nuocere proprio lui.
Ho accettato di buon grado di pubblicare la lettera di Antonio, che io stesso ho corretto, perché mi sembrava giusto lasciar parlare un uomo condannato all’ergastolo che urlava forte il suo amore di genitore. Sarebbe giusto che la controparte, che non può più farlo, potesse dare la propria versione. E’ anche vero che un giovane uomo, fratello della ex moglie di Antonio, scampato per miracolo alla furia omicida del cognato, è rimasto in un attimo senza madre e senza sorella. Non possiamo chiedergli di intervenire benché, pare, abbia seguito il dibattito che proprio qui abbiamo aperto.
Le ferite causate dal caso Faccini non sono ancora rimarginate e, leggendo alcuni articoli e notizie riguardo il suo processo si parla di una premeditazione che sarebbe stata provata. Non sono in grado di entrare nel merito di questo.
Nel mio piccolo ho cercato sempre di instaurare un colloquio con chi mi segue e di sensibilizzare in favore dell’amor di padre, che è sacrosanto tanto quanto quello della madre. Lottiamo contro i luoghi comuni e l’assurda penalizzazione dell’uomo, ma soprattutto non possiamo accettare che a farne le spese siano sempre i bambini.
Il mio naturale amor di padre vuole credere alle parole della lettera di perdono di Antonio. Spero che sia stata dettata dal suo cuore e dalla sua mente. Che il bambino riesca a vivere il più ‘normalmente’ possibile. La più grande dimostrazione d’amore verso il piccolo credo sia quella di permettergli di dimenticare. Tutti i bambini hanno il diritto di avere una madre e un padre, nel caso di questo bimbo, per colpe da attribuirsi a uno o più colpevoli, gli sono stati negati entrambi i genitori.
Auguriamoci che la legge sull’affidamento venga resa applicabile, e, soprattutto, che venga applicata da chi ha il difficile compito di decidere del futuro dei minori. Diversamente saremo tutti complici di situazioni estreme che possono sfociare in sanguinosi delitti.
Cosmo de La Fuente
Simón Bolivar
(segue)

…tra storia e sentimento (seconda parte)

Ora vive come un giovanotto dell’aristocrazia, attento allo sviluppo delle sue tenute senza tirarsi indietro quando c’è da affrontare un litigio o una discussione in favore dei suoi affari. Contrariamente a quanto si dice ai giorni nostri, Simòn è buon imprenditore pensa agli affari e contemporaneamente si preoccupa anche dell’avvenire del suo paese. Insieme a suo fratello Juan Vicente e alcuni amici, Simón si riunisce nella loro bella casa di Caracas, sulle sponde del ‘río Guaire’per parlare di letteratura, di geografia e per pianificare l’indipendenza del Venezuela.
Il 19 di aprile del 1810 la Giunta Britannica nomina Bolivar, Andres Bello e Luis Lopez Mendez. Appena terminata la sua missione a Londra rientra a Caracas, dotto circa il funzionamento delle istituzioni in Inghilterra. Diventa uno dei più ardenti avvocati dell’Indipendenza venezuelana e viene nominato ‘ Colonnello ‘ dell’esercito contribuendo, sotto gli ordini di Miranda, alla sottomissione della città di Valencia. Nel 1812 non riesce ad evitare, però, che, a causa di un tradimento, Puerto Cabello cada nelle mani delle forze realiste Al porto di La Guaira un gruppo di giovani ufficiali , fra i quali Bolivar, chiede di continuare la lotta, ma ogni sforzo sarà inutile.
Simon si salva solo grazie all’aiuto di un fidato amico, don Francisco Iturbe, che riesce a procurargli un passaporto per scappare a Curacao. Si trasferisce in seguito a Cartagena dove pubblica: ‘Memoria dirigida a los ciudadanos de la Nueva Granada por un caraqueño’, uno degli scritti fondamentali dove espone la sua fede politica e i suoi principi che rimarranno tali anche negli anni futuri.
Seguiranno battaglie, sconfitte e vittorie. Nel 1819 a capo di un piccolo esercito si trova ancora in Colombia, elimina i nemici ai margini del fiume Magdalena, s’impadronisce della Villa di Cucuta e, nel mese di maggio, comincia la liberazione del Venezuela. Dalla frontiera dello Stato di Táchira arriva vittorioso fino a Caracas, dove, il 6 di agosto, annuncia il suo ‘Decreto di Guerra a Morte’. Stimola, in questo modo, il sentimento nazional patriottico dei venezuelani. In questo periodo gli viene dato il nome di ‘Libertador’ con il quale passerà alla storia.
Il personaggio di Simon è uno tra i più affascinanti, preso ad imitazione dei capi di stato, scalda il cuore e gli animi dei venezuelani ancora oggi. Anche molti dei personaggi di satira politica, come l’ormai celebre ‘Coronel Milza’ prende spunto dall’epoca del ‘libertador’ malgrado i suoi discorsi riguardino l’attualità italiana. Il piatto nazionale del Venezuela è il ‘Pabellon’ (bandiera) le cui origini sono proprio nel periodo bolivariano. Un piatto composto dal riso bianco aromatizzato che rappresenta il popolo bianco dei conquistadores, i fagioli neri che simboleggiano la razza negra e gli schiavi; il plátano (grossa banana da cuocere) che ricorda il popolo degli indios e la carne ‘mechada’ sfilacciata, aromatizzata e cotta nel sugo di pomodoro che sta a simboleggiare le lotte cruente per l’indipendenza. Un forte guerriero dotato di un cuore appassionato, un mix che fanno di Bolivar un uomo amato dalle donne e dagli uomini.
Il periodo che va da agosto del 1813 a luglio del 1814, la seconda Repubblica, è un anno terribile per la storia del Venezuela perchè……..

(fine seconda parte – continua – Cosmo de La Fuente)
“Ancora una volta ho perso il treno” edizioni Marco Valerio di Marco Civra – Torino - info libro email news@sabortropical.it - mini filmato del Coronel Milza a milza59@yahoo.it

Simon Bolivar (prima parte)


Simón Bolivar

…tra storia e sentimento (prima parte)

Per tutti quelli che amano la storia del grande Simòn Bolivar e per coloro che intendono conoscerla ecco il testo, in quattro parti, che ho curato personalmente.

Le strade più importanti, le vie più belle, le piazze più note, l’aeroporto e la moneta nazionale portano il suo nome: ‘Bolivar’.
Il grande Simòn, il più importante personaggio della storia venezuelana è motivo di orgoglio e venerazione da parte di tutti, in special modo dei venezuelani.
Insieme alla religione cattolica, già da bambini ti insegnano ad adorare questo nome che diventerà un riferimento di vita. Quasi tutti i presidenti venezuelani hanno tentato di apparire come la reincarnazione di Simòn, non escluso l’attuale Hugo Chavez Frias.
Discendente di una famiglia basca stabilitasi in Venezuela dalla fine del secolo XVI, occupando, in provincia, una buona posizione economica e sociale, Simòn Bolivar nacque nella città di Caracas il 24 di luglio del 1783. I suoi genitori furono il Colonnello don Juan Vicente Bolivar y Ponte e Donna Concepciòn Palacios Blanco. Era il più piccolo di quattro figli, perse il padre prima di compiere tre anni. Le ricchezze di famiglia e le ‘haciendas’ da quel momento furono amministrate dalla madre, donna intelligente e sensibile.
Sette anni dopo, quando il piccolo Simòn aveva solo dieci anni, morì anche sua mamma. Tutore di tutti i figli fu il nonno materno. Il futuro ‘libertador’ aveva fatto parte di una famiglia dove l’amore di padre e di madre sopravviveva alla morte dei genitori.
La ‘casona’, l’abitazione di famiglia si trovava proprio nel centro della città. All’età di dodici anni anche il nostro grande Bolivar fu colto da una crisi adolescenziale e scappò dalla casa dove viveva con lo zio. Va a vivere insieme alla sorella sposata. In seguito viene ospitato da Simòn Rodriguez, un pedagogo e riformatore sociale con il quale il ragazzo trova delle affinità umane e intellettuali.
Si susseguirono molti maestri importanti, ma il suo preferito rimase sempre Rodriguez.
La vera vocazione di Simòn è l’uso delle armi, così nel 1797, a soli quattordici anni di entra a far parte dei cadetti del Battaglione delle Milizie di Blancos de los Valles Aragua, di cui suo padre, anni prima, è stato un colonnello. Insieme all’uso delle armi impara la matematica, il disegno topografico, la fisica, ecc.
Nel 1799 va in visita in Spagna. Nella città di Madrid approfondisce i suoi studi, diviene persino un ottimo ballerino. Conosce Maria Teresa Rodriguez , s'innamora di lei e decide di sposarla. La porta in Venezuela nel 1803 e nel 1804 si trasferiscono a Parigi.
In Francia approfondisce i suoi studi e si sviluppa il suo istinto militare vivendo il fermento della politica europea di quegli anni. Frequenta teatri, belle donne, uomini d’ingegno e impara nuove teorie fisiche. S’incontra nuovamente con il suo maestro Simòn Rodriguez, verso il quale continua a nutrire un grande sentimento di stima che, in qualche occasione, aveva dato adito a pettegolezzi. Insieme a lui va a Roma, proprio sul monte Sacro, nell’agosto del 1805, Bolivar giura di non aver più pace finchè non avrà liberato l’America latina dall’oppressione e la colonizzazione.
Torna a Parigi e si allea a una loggia massonica. Viene a conoscenza circa le intenzioni di Miranda in Venezuela e capisce che quello è il momento di ritornare in Patria. Nel 1807 parte, sbarca negli Stati Uniti e nello stesso anno giunge nuovamente a Caracas. La sua città.

(fine prima parte – continua – Cosmo de La Fuente)
“Ancora una volta ho perso il treno” edizioni Marco Valerio di Marco Civra – Torino - info libro email news@sabortropical.it

vocabolario hacienda:tenuta
Per richiedere il mini filmato di 'Coronel Milza' milza59@yahoo.it

junio 21, 2006

La lettera d'addio




Edizioni Marco Valerio di Marco Civra













Mi avvio a passo lento lungo la strada che dal porto arriva alla piazzetta del paese,sento il desiderio di respirare il profumo della notte, vedo il bagliore della luce proveniente da una finestra al piano terra di un’antica palazzina, attraverso la strada per passarci davanti e, anche se imbarazzato, getto uno sguardo all’interno. Un uomo scrive una lettera, è solo, sente la mia presenza e incrocia i miei occhi, accelero il passo ma lui si affaccia e continua a guardarmi mentre mi allontano.
Arrivo a casa, sono ancora un po’ scosso e imbarazzato, ripenso al volto di quell’uomo sulla quarantina, un volto stanco e provato; ho sonno,vado a letto .
I primi raggi di luce attraversano la mia stanza , ho dimenticato di chiudere le persiane, mi alzo, mi lavo e decido di prendere il caffè al bar.
Dopo il caffè mi avvio nuovamente per la strada che avevo percorso la sera prima e nell’avvicinarmi a quella casa sento il cuore battermi forte. Polizia e ambulanza, non so cosa sia accaduto. Qualcuno mi dice che l’uomo che abita in quell’appartamento al piano terra ha tentato il suicidio ma si è salvato, lo stanno portando in ospedale.
Mi ritraggo inorridito, penso che se fosse riuscito nel suo intento probabilmente sarei stata l’ultima persona ad averlo visto vivo. Adesso mi rendo conto che quella che stava scrivendo era una lettera d’addio.
Quest’esperienza mi fa riflettere molto, cerco di capire come possa sentirsi una persona in procinto di suicidarsi e provo anch’io a scrivere un’ipotetica lettera d’addio. Me la leggerei allo specchio.
Troppo spesso, guardando i tuoi occhi ho detto ‘si’ ma pensavo ‘no’, ho soffocato l’amore per il prossimo nel timore di ferire i tuoi sentimenti.
Molte volte ho negato la mia compagnia a chi la meritava, a chi mi amava incondizionatamente e l’ho fatto perché tu non mi davi alternativa.
Ho salutato chi mi ha danneggiato e ho dimenticato chi mi ha voluto bene. Oggi, osservando il mare mi sento solo, nessuno può capire il percorso della mia avventura.
Non so se sono reali le voci che sento in lontananza, forse fanno parte dei miei ricordi, m’insospettisce il fatto che ne riconosco qualcuna, si..sicuramente appartengono al mio vissuto.
Chi mi ama veramente non mi rinfaccerà mai di averlo trascurato, non ha bisogno di chiedermi il perché, conosce la verità.
Troppo spesso ho violentato il mio io per non ferire il tuo, ma non ce la faccio più.
Uccidersi non ha senso, la vita è troppo bella per sciuparla e poi che valore ha ammazzarsi? Ucciderò il passato quindi, perché io amo vivere, non potrei morire in pace pensando di non vedere più l’azzurro del cielo e sentire il calore del sole sulla pelle. Come farei a riposare in pace sapendo che la barchetta d’Ignazio è attraccata al porticciolo di Puerto la Cruz che mi aspetta per prendere il largo sul mare arricchito dal riflesso del sole al tramonto..
Uccidendomi non vedrei più gli occhi di chi mi ama e di chi ha bisogno delle mie parole.
Non posso uccidermi perché quel bambino povero di Caracas quel giorno mi ha sorriso, mi ha preso per mano e per qualche minuto ha capito cosa significava avere un padre, il suo era scappato da anni e la sua mamma era sola in una baracca. Quel cucciolo d’uomo aspetta che io torni con le caramelle italiane.
Ci penserà qualcun altro a farmi morire, per il momento preferisco vivere. Morire è troppo semplice, bisogna vivere e guardarsi intorno, ci sono miliardi di occhi che aspettano di capire cosa sta accadendo alla loro anima.
Non sono giovanissimo ma a te che sei giovane ti chiedo di non sciupare la vita, se vivi un disagio lavoralo come si lavora il metallo nelle fucine, non offrire l’occasione a nessuno di mettere a repentaglio la tua vita, anche se ti senti solo sei prezioso per qualcuno…
Ho camminato lungo gli impervi sentieri della mia vita e ripercorrendo a ritroso la mia strada mi rendo conto che ho tanta voglia di vivere. Sono vivo più che mai come quando ero bambino e mi costruivo una capanna sotto l’albero di avocado nel patio di casa sognando di essere su un’isola deserta, ma vedevo mia madre che rassettava la casa e sentivo il naso umido del mio cane che veniva a trovarmi di tanto in tanto. Come potrei uccidermi? Ho ancora molte cose da fare. Dico addio a quel passato dove ho vissuto prigioniero e do il benvenuto al presente.

junio 19, 2006

La femminilizzazione del mondo







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La femminilizzazione del mondo

Il mondo diventa donna, si perde così l’altra metà del cielo.
Ritorniamo ai cori femministi: “il corpo è mio e lo gestisco io”. Nel mondo di un genitore, però, questo non ha senso perché un figlio diventa figlio di mamma a anche di papà già al suo concepimento.
Nel momento in cui viene escluso il padre, ritenendo che l’aborto sia roba da donne, torniamo a quel femminismo ormai superato. La pari genitorialità è anche pari opportunità. La pari opportunità richiesta a gran voce da molte donne ormai ha sforato diventando potere di famiglia. Siamo giunti alla femminilizzazione del mondo e della società. Parlando col mio amico Marco, anche lui padre, abbiamo concluso che non sono pochi i figli che stanno rimanendo senza la figura del padre.
Tantissime le donne, anche separate, invece, che ritengono indispensabile la figura del padre. Quando una coppia di sposi decide di separarsi deve comprendere che la separazione tra coniugi non implica, in nessun caso, la separazione dai figli. Loro devono continuare il rapporto con la mamma e con il papà.
Un padre ti ama in maniera diversa da come ti ama una mamma, è un equilibrio che nessuno deve spezzare, perché nessuno può arrogarsene il diritto e nemmeno può decidere sulla vita e sulla morte di un bambino.
Recenti studi e indagini hanno evidenziato che l’avvicinamento alla droga da parte di bambini è aumentato moltissimo negli ultimi anni. La maggioranza di questi ragazzini sono figli di separati e, come se non bastasse, molti di loro non hanno più contatti con il padre.
Ma ci rendiamo conto che manca qualcosa? La femminilizzazione del mondo sta portando a sentire la necessità di auto consolarci, magari facendo uso di droghe perché non abbiamo più un riferimento che ci aiuti a rialzarci, un sostegno basato certo sull’amore ma anche sulla certezza che la vita è fatta di amore dolcissimo e sentimenti teneri ma anche di lavoro e di responsabilità.
Il bellissimo e insostituibile amore della mamma se unico diventa un bisogno essenziale, fintanto che siamo bimbi non ce ne accorgiamo ma entrando nella vita da adolescenti ed adulti ci rendiamo conto che siamo stati privati di un riferimento paterno. Non riusciamo a integrarci in maniera serena e ci affidiamo a quello che ci offre la strada, qualcosa che ci illuda che in nessun momento della nostra vita rimarremo senza la dipendenza di qualcosa o di qualcuno. Non cresceremo mai, gli uomini non saranno mai uomini e le donne rimarranno orfane della loro parte ‘maschile’ che è quella che naturalmente rinforza l’animo.
La televisione propone un mondo di bellezza femminile, un sole che gira intorno ad occhi di donna e cuori di miele. Non abbiamo riferimenti e quest’allontanamento del padre e della figura maschile come relegata a un ruolo secondario se non nullo, non fa bene allo sviluppo psichico del bambino.
Insieme alle unioni Gay, al WWF, bisognerebbe creare un organismo che si occupi della figura del padre ormai in estinzione. Se vogliamo ripristinare un equilibrio, lo dobbiamo anche ai nostri figli.
Indispensabile per il corretto sviluppo del maschio e della femmina.

Altrimenti dobbiamo prendere atto di quello che dice il ‘Coronel Milza’. Che, con il suo mini filmato, sta ottenendo un grossissimo successo.
Dietro le parole apparentemente comiche del coronel si celano le verità più scottanti.

TVI : televisione viziosa italiana


La sporca televisione italiana raggiunge la sua apoteosi quando i dittatori dell’etere, di solito gli stessi organizzatori dei vari programmi, eseguono dei casting del tutto particolari. Non vi sarà sfuggito che il mondo televisivo prolifera di belle ragazze nazionali e straniere, nonché di artisti omosessuali che ostentano il loro travestitismo. Persino il nostro onorevole Vladimir Luxuria che, lui stesso l’ha detto, faceva marchette in abiti femminili, è stato portato in tv dal nostro Maurizio Costanzo, padrone televisivo molto attento al fascino dei transgender. La cosa peggiore è quando alle aspiranti vallette , Dio sa quante, viene chiesta una prestazione sessuale in cambio di una partecipazione televisiva. Ricordo gli scandali degli anni 80 quando, per far parte del cast di una nota manifestazione canora estiva che aveva a che fare con i juke box, i patron della stessa organizzavano festini e orgie a gogo. Ma non è finita, come già vi ho detto in precedenti post, il festival di San Remo è sempre stato un contenitore vetrina che avrebbe dovuto presentare le nuove leve della musica italiana, in realtà era una delle più corrotte organizzazioni dello spettacolo, già ai tempi di Ravera.
Quando mi sono cimentato in quest’esperienza sono rimasto di stucco a tal punto da rinunciarci. Parlo degli anni a cavallo dal 1986 al 1989, ho cercato anch’io la raccomandazione politica che non sono riuscito a valorizzare perché non potevo garantire voti e cose del genere. In compenso tramite personaggi strani, legati sempre a politici diversi, sono arrivato nel cuore dell’organizzazione, l’Afi, l’associazione dei fonografi che facevano il bello e il cattivo tempo del festiva. Non capii esattamente perchè andammo in quel posto, ma qualcosa accadde. All’epoca la mia casa discografica era la Nar di Milano. Tutto pareva pronto, ero nei giovani e poi improvvisamente venni sbattuto fuori perché un altro, meglio appoggiato, aveva preso il mio posto. Ma tutto questo avveniva, anche se in maniera diversa, in Rai, dove, per partecipare a trasmissioni in qualità di cantante, c’era sempre qualcuno che ti organizzava il passaggio. Non parlo di managers o cose del genere, parlo di biechi personaggi che in cambio di milioni da dividersi con il regista, gli autori o il presentatore di turno, ti facilitava l’ingresso alla trasmissione. Che schifo ragazzi. Se invece riuscivi ad entrare nelle grazie di qualche potente omosessuale potevi sempre offrire in cambio quello che normalmente offrono tutte le varie ragazzine della tv, e quante ce ne sono tra vallette, soubrette e ….non è la rai…?
Questo gran bordello dell’etere è il vero scandalo. Soltanto un mese fa mi sono chiesto perché non si indagasse anche nello sporco mondo della tv…ed ecco fatto. Ma non solo i principi e i re, andiamo a controllare l’operato di autori, registi e presentatori tv. Chissà che non esca fuori qualcosa di molto interessante. Sapeste quanti succulenti aneddoti di attività alla Monica Lewinsky sotto le scrivanie di potenti e flaccidi comandanti della tv si narrano, ad opera di stimatissime cantanti e attrici del panorama italiano. Quanti giochi, anche da parte degli artisti maschi, in favore di stagionate 'checche' televisve con il potere in mano. Eventi gustosi di cui, purtroppo, non posso dire i protagonisti. Un consiglio: 'non crediate alla televisione, i reality tutte balle, come dice il coronel Milza. Dietro ai palinsesti tv: soldi, potere e sesso'. Se il mondo della discografia va male, cominciamo a renderlo più trasparente e offriamo la possibilità anche a chi ha un vero talento, non soltanto quello di aprire le gambe o abbassarsi a 90°. Se rimpiangiamo le soubrette e le attrici di una volta, offriamo opportunità di lavoro anche a chi non è solo capace di studiare sul diario della Lewinsky ma che abbia alle spalle lo studio. Svecchiamo l'organizzazione televisva e togliamo lo scettro a questi padrini .
Volete saperne di più? Cercate in rete, non è facile trovarlo, il mini filmato del 'Coronel Milza', è molto loquace e simpatico. Ne conoscerete delle belle.

Alla prossima

junio 18, 2006

Maschi violentati













cosmo@cosmodelafuente.com

Sono anni che si parla di libero giornalismo italiano, la libertà di parlare di argomenti che soltanto un decennio fa erano tabù, soprattutto nel nostro paese.
Oggi possiamo affrontare temi come l’omosessualità e l’aborto. Fino a pochi anni fa le donne vittime di violenze sessuali tacevano e seppellivano nella loro anima questo orribile atto compiuto da esseri che alla fine la facevano franca. Una certa mentalità, che affondava le sue radici nell’ignoranza e nei luoghi comuni, inconsciamente attribuiva la colpa alla donna che da vittima diventava colpevole di tale violenza. Anche la stampa non sviscerava il vero problema e permetteva che questo pensiero si propagasse attraverso l’opinione pubblica. Chissà quante di queste violenze sono rimaste ignote per tutti noi e per i nostri genitori e nonni. La donna era costretta a tacere. Grazie a Dio questo stato di cose, anche se non del tutto annientato, sta mutando. Sappiamo che purtroppo esistono persone, a cui non preferisco non dare nomi, colpevoli di questi atti, oggi la stampa nazionale ne parla e punta il dito su di loro. Qualcuno potrebbe pensare che su milioni di donne nel mondo che hanno denunciato abusi sessuali potrebbe essercene magari una che sia stata quanto meno, se non colpevole, complice di tale violenza. Anche se così fosse sarebbe comunque l’eccezione che non fa e assolutamente non deve fare testo. La donna va difesa e il colpevole punito severamente, sempre in maniera esemplare. Finalmente abbiamo smesso di fare di tutta l’erba un fascio e noi uomini siamo i primi a condannare i responsabili. Finalmente i giornalisti parlano apertamente di quanto accade .
Una cosa simile accade ai padri separati. Mi spiego. Il giornalismo italiano, la stampa, la radio e la tv ha uno strano e inspiegabile bavaglio di fronte al tema della bigenitorialità. Malgrado esista una legge, nei tribunali non viene applicata. Una vera ingiustizia perpetrata all’uomo padre. E’ vero che esistono uomini che non ne vogliono sapere dei propri figli e che si sono comportati male con le loro ex donne, ma anche in questo caso si tratta di una minoranza che non dovrebbe far testo eppure la stampa, la radio e la tv tace. Siamo ancora in pieno tabù psicologico, la nostra società femminilizzata non prende in considerazione il sentimento paterno e nemmeno l’importanza che ha un padre nella crescita dei figli. Sappiamo tutti che quasi sempre,dopo la separazione, i figli vengono affidati alla madre e sono molte quelle donne che, approfittando del potere di fatto, allontanano i figli dal padre. Lo Stato, per anni, è rimasto inerme. Nonostante sia stato ribadito più volte il danno provocato ai figli cresciuti senza figura paterna. Si segnalano problemi psicologici e aumento della tossicodipendenza tra i figli di separati che non hanno contatti con il padre. I giovanissimi vittime di questo stato vivono in un mondo completamente femminile che apporta danni alla psicologia dei figli sia maschi che femmine. In questi bambini per anni viene sollecitata soltanto la parte femminile, mentre quella maschile, utile per un giusto equilibrio, rimane sepolta.
Lo Stato si è sostituito al padre. Cos’accadrà se non cominciamo a pensarci ora? Si pensa come fare per deviare la rotta dell’asteroide che nel 2036 potrebbe distruggere la Terra; e cosa stiamo pensando di fare per riportare alla normalità il rapporto di pari genitorialità? Combattiamo l’estinzione di alcune specie animali; si lotta contro l’ignoranza, gli abusi di potere e il razzismo; tutte cause nobili e giustissime, ma, mi chiedo, per la specie ‘padre’ cosa pensiamo di fare?
Come mai giornalisti, politici, avvocati e giudici, pur essendo padri, pur vivendo drammi come quelli vissuti da milioni di uomini non si muovono in tal senso?
Abbiamo conquistato finalmente la parola “omosessualità”, pronunciata persino dal papa e fino a ieri non era immaginabile che lo facesse, chi parlerà di ‘paternità’ da platee nazionali? Il diritto del padre di allevare, crescere e seguire la vita dei propri figli consci del fatto che un padre ama come una madre?
Questa è violenza contro il padre in quanto uomo, questa è violenza della società sempre più femminile. La politica si astiene per il momento. Intanto molti padri precipitano nella disperazione e qualche volta rasentano la follia. Non molto tempo fa è stato sventato il rapimento del figlio di Blair ad opera di un gruppo di padri separati inglesi a cui non veniva concesso di vedere i propri bambini. Altri genitori che hanno pensato di sensibilizzare in questo modo l’opinione pubblica; guardandoci in casa basti pensare all’elevato numero di crimini e omicidi dettati dallo sconforto di chi sa di non avere scampo e perde il lume della ragione.

Cosmo de La Fuente

junio 16, 2006

La dolcezza di Maria


Sereno week end




La dolcezza di Maria

I mille colori di Napoli rappresentano il calore del popolo partenopeo, gente ricca d’ inventiva, con la musica nel sangue e la gioia di vivere nonostante i noti problemi di questa città.
Le vie di Napoli sono quanto di più caldo e caratteristico possa esistere in tema di folklore. Nei miei ricordi d’infanzia c’è anche un bel viaggio in Italia e una permanenza a Napoli. Le voci della gente e gli odori dei vicoli mi sono rimasti nel cuore, anche il calar del cesto dai balconi di donne che acquistavano il pane senza nemmeno scendere da casa. Tra le belle colline di questa città vi è anche quella di “Capodimonte”, la zona che dà anche il nome alle belle lavorazioni in porcellana famose in tutte il mondo, proprio come la pizza e il caffè espresso. Qui vive una vecchia zia di mia mamma, dal suo giardino lo spettacolo della baia di Napoli è mozzafiato
Da Capodimonte il mare appare come in un dipinto, quasi irreale, di un colore azzurro intenso che, nelle giornate di sole, si abbina alla diversa tonalità dell’azzurro del cielo e se non fosse per le imbarcazioni di passaggio sembrerebbe proprio il quadro di un romantico pittore. La bellezza di certi paesaggi napoletani è imbarazzante , mentre gli occhi si deliziano, il cuore si scalda e tornano in mente le parole di famose e struggenti canzoni napoletane. Proprio a Capodimonte, in un condominio popolare, viveva nell’amore e nella quotidianità del focolare domestico una bella famiglia di cui faceva parte la mia cara amica Maria. Aveva circa undici anni nel 1965 e, oltre a mamma, papà e fratello Giovanni, vivevano con lei anche una nonna e una bisnonna che si chiamava Letizia. Questa simpatica ‘cellula’ della società godeva del rispetto di tutto il vicinato perché occupava l’appartamento di proprietà del farmacista della zona. Quando la mamma girava tra le bancarelle del mercato per acquistare i ‘friarielli’, veniva salutata con rispetto e gentilezza. Come spesso accade a Napoli, i componenti di questa famiglia sembravano i personaggi di un classico di Edoardo De Filippo. Nei vecchi condomini napoletani era usuale ci fosse una specie di balconata unica, simile ad un ballatoio in comune, dove c’erano le porte e finestre di molti appartamenti. La nonna di Maria teneva una sorta di piccolo pollaio sul balcone. La camera da letto dell’anziana dava proprio sul balcone e a volte le galline deponevano le uova nel cassetto del comodino. La domenica tutti insieme preparavano il ragù per il pranzo. Maria era una ragazzina allegra e intelligente, legata da un grande amore per il papà il cui nome era “Aniello”. Un uomo di bell’aspetto, folti capelli ondeggianti , tenuti a bada da un leggero strato di brillantina ‘linetti’ e un sottile pizzetto sempre curato, che, pur appartenendo ad un epoca in cui il ruolo di un padre era soffocato dai pregiudizi e dai luoghi comuni e sebbene non potesse liberamente esternare quei normalissimi sentimenti di un genitore ,perchè ritenuti femminili, riusciva ugualmente a donare ai suoi figli la sicurezza e la tenerezza che ogni papà sa dare. Una famiglia sana e ricca di principi.
Quando Maria parla dei suoi genitori, anche ora che ha 52 anni, i suoi begli occhi scuri si riempiono di lacrime e la sua voce diventa dolce come una poesia d’amore. Il suo volto, circondato da una cascata di riccioli castano scuri, assume un aspetto deliziosamente infantile. Nella sua mente si susseguono le immagini della sua vita e ama raccontare le vicende vissute con il suo papà ormai defunto. Si emoziona quando ricorda che nel 1966 lui le chiese di scegliere un giocattolo come dono di Natale e lei gli rispose che desiderava un bel cappello che aveva visto sulla testa di una compagna di scuola. L’uomo, rendendosi conto dell’importanza che aveva quell’oggetto per la sua bambina, malgrado fosse stanchissimo e appena rientrato da lavoro, la prese per mano e insieme girarono tutta Napoli, visitando decine e decine di negozi del centro città e molte bancarelle. Vagarono tra la folla intenta negli ultimi acquisti natalizi , era la sera del 24 di dicembre. Tanto girarono finchè Maria trovò il cappello che desiderava. Sono molti i momenti d’amore che legano Aniello a sua figlia, momenti indimenticabili. Quando Maria compì vent’anni conobbe un bel ragazzo con cui si sposò e andò a vivere a Torino. Fu proprio in questa città che nacquero i suoi due figli. La sua famiglia d’origine le aveva insegnato ad amare, suo padre le aveva anche trasmesso la forza, il rispetto per gli altri e la volontà di raggiungere un obiettivo. Una volta a Torino il suo obiettivo era quello di crescere in seno alla sua nuova famiglia. Maria sentiva molto la mancanza dei suoi genitori , soprattutto le mancava la complicità del suo papino. Anche Aniello soffriva molto per la separazione dalla sua bambina ma rispettava questa scelta d’amore. Nel 1999 Aniello morì improvvisamente, sulle sue labbra l’ultima parola fu il nome di Maria , l’amata figlia che non riuscì ad arrivare in tempo per salutarlo prima che chiudesse per sempre gli occhi. Maria sentì il taglio definitivo del cordone ombelicale che la teneva ancorata ai suoi cari.
Col cuore gonfio Maria ritornò a Torino, si consolò un po’ pensando che il padre era morto senza conoscere la realtà della sua situazione matrimoniale. Maria stava vivendo la crisi del suo rapporto con il marito, crisi che nel 2000 si concluse con la separazione. Inevitabile conclusione per molteplici ragioni che forse un po’ superficialmente riassumerò con una frase fatta: “non andavano più d’accordo per incompatibilità di carattere”. Contrariaramente a quanto fanno molte donne affidatarie dei figli dopo la separazione, Maria decise che il padre poteva liberamente mantenere un rapporto con loro. Lasciò che i suoi ragazzi e il suo ex marito si gestissero gli incontri e il loro rapporto senza intromettersi mai nelle loro decisioni. La sua bellissima esperienza familiare, il rapporto di libero affetto con il proprio padre avevano donato a Maria un equilibrio, una sensibilità che uniti alla sua naturale intelligenza avevano permesso che questi figli, già provati dal dispiacere della separazione dei propri genitori, non venissero anche sottoposti a pressioni e ripicche di nessun genere.
I ragazzi, pur amando molto il padre, non hanno mai scelto di lasciare la casa della madre, consci del fatto che se avessero scelto di farlo, la mamma non si sarebbe opposta. Questi ragazzi, oggi diventati uomini , sono persone serene e responsabili.
Pur conoscendo la risposta ho voluto domandare a Maria come mai non avesse mai abusato del potere che il nostro sistema offre in esclusiva ai genitori affidatari, quella cioè di decidere sulla vita dei propri figli e lei mi ha risposto così: “ Io e il mio ex marito abbiamo avuto seri problemi di coppia, ma è sempre stato un padre meraviglioso. Attento, affettuoso e disponibile per i suoi figli. Perché avrei dovuto togliere ai ragazzi un genitore così? Io so quanto possa essere importante un padre nella vita di una persona. Non sai quante situazioni difficili, come la mia separazione, ho superato grazie alla forza che mi ha dato il mio genitore. Mai avrei potuto negare quest’occasione ai miei figli”.
Ho ascoltato con incredulità e interesse le parole di Maria. Una splendida cinquantaduenne dalla favella affascinante e dallo sguardo sempre acceso. Quando parla di Napoli t’invoglia ad andarci. Questa donna è uno spettacolo anche quando ti elenca gli ingredienti della ricetta della pastiera napoletana o del ragù che ha imparato dalla sua mamma. Ha un cuore grande così! Si capisce subito che la sua formazione è avvenuta all’interno di una famiglia che le ha trasmesso dei valori importanti come l’amore, il rispetto, la lealtà. Come si sarebbe comportata Maria se non avesse vissuto in prima persona un bel rapporto con suo padre? Credo di interpretare il pensiero di tanti genitori e di tanti figli ringraziando questa donna per la sua sensibilità e lealtà. Grazie Maria.

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junio 15, 2006

Stato Crepuscolare di Coscienza



Annamaria Franzoni
Elena Romani



Chissà se anche la seconda sarà stata colta da improvviso ‘stato crepuscolare di coscienza’.
Pare che questo stato non sia altro che una semi infermità mentale che si manifesta improvvisamente e che, altrettanto improvvisamente, sparisca e si porti via il ricordo di quanto avvenuto.
Lo stato crepuscolare di coscienza sfocia in una violenza inaudita che porta anche ad uccidere il proprio figlio.
Non appena il soggetto ritorna alla normalità dimentica di aver ucciso un bambino e in seguito riprende la sua normale vita, a volte con mansioni di baby sitter.
Non vorrei entrare nel giudizio legale del fatto dal momento che non spetta a me farlo, ma vorrei solo mettere in luce che c’è un padre, di cui abbiamo recentemente parlato, il cui nome è Antonio Faccini che, colto da improvviso da raptus ha ucciso tre persone, di cui nessuna era suo figlio.
I figli di Annamaria continuano ad aver bisogno della mamma e, sicuramente, in qualsiasi caso lei continuerà a vederli ; Antonio Faccini riuscirà a rivedere suo figlio?
Elena Romani, bella ed elegante, sicura di sé, nonostante le prove schiaccianti, si dichiara innocente. Staremo a vedere.
In questi giorni il caso dei fratelli di Gravina in Puglia ci tengono col fiato sospeso. Si spera che sia soltanto una sottrazione da parte di uno dei genitori, in quel caso i bambini sarebbero in vita, che, per il momento, è la cosa più importante.
Quante lacrime si sprecano in televisione! Sono sempre lacrime naturali o interpretazione?

L’associazione papà separati comunica che sabato ha organizzato a Torino, presso lo stadio Olimpico, una festa con karaoke e palloncini per i bambini. In contrapposizione al Gay Pride perché, dicono, i figli vanno ai padri naturali e non agli omosex.

Dopo il mio articolo dedicato al ‘padre gay’ ho potuto constatare una sorta di concorrenza tra i padri e il mondo omosessuale, come se i diritti dei padri non potessero coesistere con quelli dei gay. Io credo che sia giusto che i bambini non vengano mai separati dai genitori naturali, ovviamente, ma,non è meglio un bambino inserito in una famiglia non tradizionale piuttosto che abbandonato a sé stesso?

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Frida Kahlo






Frida Kahlo
il coraggio di essere sé stessa




La stuzzicante fragranza delle tortillas, preparate in strada da ‘Doña Jimena’, giunge alle narici di Frida attraverso la finestra spalancata della stanza da letto. Porta con sé il ricordo della sua infanzia, gli occhi di mamma e la complice protezione di papà.
Sdraiata e inerme sul suo letto, con gli occhi socchiusi, ripercorre mentalmente le affollate strade della sua città messicana, il cicaleccio della gente e il frastuono delle trombe dei 'mariachi'.
Decisa a non soccombere di fronte all’aggressione della vita, benché instabile sulle stampelle, Frida non abbandona il desiderio di rivalsa, armata di pennello.
Gli amori, anche quelli ‘strani’, li vive alla luce del sole, la sua vita è di colore ‘rosso’ proprio come rosse sono le tinte predominanti nelle sue tele. Un destino segnato da momenti difficili, ma sempre assaporato.
Piccola ma forte, femmina e maschio allo stesso tempo, Frida guarda dritto negli occhi della gente e non smette di pretendere un futuro migliore. Incapace di mettere al mondo un bambino, si circonda di animali e di variopinti pappagalli.
La solitudine e l’angoscia dei giorni scuri li maschera di leggerezza. Il copione lo conosce a memoria, ma ignora l’atto finale. La sua arte, al pari del suo amore, è libera da pregiudizi. Questa piccola donna, malgrado le sia stata negata una vita serena, è salita sul quel famoso treno, quello che ti porta a non sprecare i momenti magici che il proprio pensiero e l’incontro con gli altri ti possono dare. L’arte di godersi la luce del giorno e la musica, i profumi e le parole, i colori e i tramonti non è cosa da poco, ma non tutti riescono a percepirne l’importanza. Nata a Città del Messico il 6 di luglio del 1907 Frida muore a soli 46 anni di età,gran parte della sua vita trascorsa nella casa che il padre ha fatto costruire per la famiglia, “la casa azul”.
Una piccola grande donna destinata a diventare un esempio di forza, a sua insaputa è il primo grido lesbo femminista. Anche lei insegue gli ideali del comunismo messicano,si riconosce soprattutto nella lotta di Emiliano Zapata e Pancho Villa. Ma quella di Frida forse è più una lotta contro la propria madre, la donna che l’ha messa al mondo in maniera imprecisa. L’astio americano si tramuta in amore, a New York si reca spesso per esporre i propri quadri. Intanto al governo si alternano presidenti filo americani a presidenti d’ispirazione zapatista e questi ultimi,una volta eletti, diventano, inspiegabilmente, amici dell’America, entrano quindi in contrasto con Emiliano e ricomincia il giro. Sarà perchè un conto sono le parole e un altro è trovarsi di fronte ai problemi di un paese?
Il pensiero di Zapata rimane un’utopia del passato, la chimera di donare le terre agli indios. Il suo estremismo non porta il risultato che si è prefisso e quando viene assassinato diventa un’icona di un bell’ideale irrealizzato perché inattuabile. Nel 1911 il filo zapatista Madero non si oppone all’America. Nel 1917 Carranza, messo al governo dalle truppe rivoluzionarie non si sforza affinché vengano applicate le riforme agrarie e addirittura comanda l’assassinio di Emiliano. Nella confusa metamorfosi della politica messicana, emerge la necessità di non chiudersi in sé stessi e di mantenere il rapporto con altri paesi, appare giusta l’industrializzazione perché può offrire una vita decente. Ancora ai nostri giorni vi sono gli stessi scontri tra le popolazioni degli indios e il governo. Difficile trovare una giusta mediazione perché se da una parte gli indios vogliono indietro le terre da coltivare, dall’altra esiste la necessità di migliorarsi e la speranza di trasformarsi in un paese vivibile. Legittima aspirazione di molti, desiderio attestabile dal flusso migratorio che dal Messico arriva all’America che in futuro possano godere di una tranquillità economica, stiamo indirettamente appoggiando l’emancipazione di quei paesi che spesso vengono accusati d’imperialismo. Di quale imperialismo si parla? Del libero scambio, del commercio e delle trattative industriali? Personalmente non penso che la rivolta del Chiapas, per nobile che possa essere il suo scopo, riesca ad offrire,in Messico, un futuro ai figli del presente, un mondo tecnicamente avanzato potrà gettare le basi per un domani migliore. La massiccia emigrazione sta a testimoniare la volontà di star meglio da parte del popolo. Non saranno le belle ma utopiche parole d’improbabili rivoluzioni e le armi a migliorare la situazione economica in Venezuela, o negli altri paesi del terzo mondo, non saranno le bugie a creare posti di lavoro.
Cara Frida, caro Emiliano, vi amo come amo gli eroi della mia infanzia, ‘wonder woman’ e ‘spider man’. I sogni svaniscono al mattino, a un certo punto devi pur fare i conti con la realtà e rimboccarti le maniche. Sarebbe bello volare da soli, nei sogni è possibile, al risveglio, però, si torna alla cruda realtà.
Frida ci ha lasciato il sogno e la forza della speranza, il coraggio di andare controcorrente senza far del male a nessuno. Cara Frida, com’era bello vederti mano nella mano con il tuo papà. Vicina a lui i drammi della vita sembravano meno crudeli.

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junio 14, 2006

'Forum' e Rita dalla Chiesa: Attacco al padre!



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Rita dalla Chiesa



Cara Rita,
che ci siano dei padri mediocri è vero, che nelle favole femministe il padre sia sempre il ‘lupo cattivo’ è altrettanto vero. Malgrado ci si conosca,non sono al corrente del tuo passato con il padre di tua figlia ma, per favore, basta con questa discriminazione contro gli uomini e soprattutto contro il padre.
Nella trasmissione di martedì 13 giugno hai letto una lettera in cui due ragazzi (guarda caso) chiedevano consiglio all’avvocato su come fare per poter essere adottati dall’attuale compagno della madre, il quale, divorziato e senza figli, a lor dire, li amerebbe più della propria vita.
La lettera si concludeva con una bella frase aggiunta dalla mamma dei ragazzi:
“ cara Rita come fare per accontentare i miei ragazzi. Mi sono divorziata da mio marito e in seguito ho chiesto gli venisse tolta la potestà genitoriale perché era un pessimo padre”.
Cara Rita, sappiamo che ‘Forum’ sguazza bene in queste situazioni e nella mia piccola esperienza so anche che per l’audience si fa di tutto, anche gettare fango su chi non si conosce. Ho partecipato alla tua trasmissione più di una volta e ho constatato che la ‘fiction’ fa parte delle cause che proponete, ma non tutti sanno e allora: perché continuare a mostrare il ‘padre’ come la vera schifezza della famiglia? Basta!
So che avevi un padre eccezionale e se la tua storia sentimentale personale non è delle migliori non cadere anche tu nella trappola della falsa tv e creare sempre un mostro da distruggere che, guarda caso, è un uomo. Non è che per caso la lettera era soltanto un punto di vista della gentile signora?
Una che vuol far adottare i propri figli da un uomo stupendo che li ama di più del vero padre, si rivolge sicuramente ad un avvocato serio e non a una trasmissione talk show che offre in pasto quello che può stupire il pubblico.
Sei una giornalista eccezionale, una donna intelligente, non cadere nella rete degli stupidi luoghi comuni che sono alla base della tv spazzatura.
Tutto questo perché un lettore del blog sostiene di conoscere il padre a cui si fa riferimento nella lettera, lungi da me, però, credere al primo che mi scrive. Non sarebbe più giusto che nemmeno gli autori di ‘Forum’ accettassero qualunque lettera come se fosse reale?
Chissà se qualcuno vuole far sapere agli autori quanto siano disgustati da questo fatto, io, nel caso lascio l’email della redazione. Rimarrai alquanto stupida di quante siano le donne stufe di questa inutile e deleteria lotta dei sessi. Le femministe non esistono più, l’unica corrente rimasta è quella legata al mondo omosessuale. Mi spiace per chi, come te, è rimasta ancorata nella commedia che vede l’uomo come un mostro d’insensibilità.
Cosa ne pensi di Antonio Faccini e, soprattutto, che te ne pare della storia di L.A. (leggi in seguito) che non perdona la madre per averle tolto il padre, probabilmente, chiedendo il decadimento della patria potestà.
Buon lavoro.

http://www.cosmodelafuente.com

News di M. Baldassari:
Incontro per organizzare il congresso che si terrà in data da stabilire. Torino Giovedi sera 15/6 alle ore 21 c/o CIPES, Via Sant'Agostino,20Organizzazione conferenza nazionale "Aspetti psicologici nelle separazioni"Patologie - Mobbing Genitoriale - Mediazione e sensibilizzazione alla relazione – Legge

A Torino una conferenza scientifica-divulgativa che pone in primo piano la psicologia nelle separazioni ovvero nei conflitti familiari. L'obiettivo e' quello di promuovere una cultura e una serie di azioni per ridurre il conflitto. Si deve ottenere un maggiore integrazione di competenze e risorse tra gli ambiti della psicologia/psichiatria e di legge/tribunali in modo da vedere riconosciuta la violenza psicologica esercitata con un tipico comportamento (MOBBING) che provoca patologie e danni esistenziali. Invece di attendere le patologie prima di intervenire, riconoscere il mobbing consente di PREVENIRE intervenendo tempestivamente in modo da ridurre il conflitto. Su tutti i giornali oggi si parla dei due ragazzini scappati di casa, dopo 10 anni di guerre in tribunale. Purtroppo spesso si leggono fatti di sangue. Questi drammi si possono e si devono evitare, anticipando l'azione legale o almeno attivandosi in parellelo ad essa con adeguate attivita' che pongano la psicologia in primo piano.


E ancora


"MONZA - Domenica 18.06.06 - in coordinamento nazionale"
Per domenica 18 giugno 2006 , l'Associazione ha organizzato un Gazebo informativo sulla nostra realtà associativa, da far conoscere alle Istituzioni e al Territorio Monzese.

http://www.papaseparatilombardia.org/on_line/categorie.asp?pr=98

http://www.papaseparatitorino.it/060617.htm













junio 13, 2006

Mamma, ti odio!








Senza dimenticare il caso di Antonio Faccini, per cui vi prego di parlare ancora, in modo che non venga dimenticato, vorrei parlare anche di una ragazza che ha sconvolto questo blog.
Il commento di L.A. stimola nuove riflessioni. L’interesse da parte di voi lettori, testimoniato dai vostri commenti e le numerose mails che ho ricevuto al mio indirizzo di posta elettronica dimostra che il punto di vista dei figli importa moltissimo. E’ giusto che sia così, fintanto che il nostro Sistema non si occuperà, innanzitutto, dei figli dei separati, nulla caveremo da questa legge sulla bigenitorialità.
Come si sentono i figli separati da un genitore? L. ha vissuto male quest’esperienza e ha maturato un sentimento deleterio: l’odio verso la madre.
Odiare una madre, l’essere che ti mette a mondo, evidenzia quanto sia pericoloso sconvolgere gli equilibri dell’amore verso un genitore.
Ci tengo a sottolineare che queste pagine non vogliono assolutamente essere un attacco alla donna, anzi. Il mio sogno è quello di godere di una legge che non penalizzi i figli e nemmeno i genitori.
La casistica è ricca di episodi legati alla penalizzazione dell’uomo perché le cose sono andate così per anni.
Cara L.A. hai toccato il cuore di tutti. Ricordo benissimo la lettera che hai spedito in redazione a Sorrisi. Non so quanto sia stata censurata ma ti ringrazio di averci dato nuovamente la tua preziosa testimonianza. Credo che la tua esperienza ti permetterà di essere una madre meravigliosa, non privarti mai del privilegio di essere ‘mamma’. Prendiamo atto dell’ingiustizia che hai subito per mano di tua mamma. A questo punto, se riesci, cerca di recuperare il rapporto con lei.
Un abbraccio affettuoso.

Ripropongo, in primo piano, il commento di L.A. che ha toccato il cuore di tutti. Riflettiamoci insieme.

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Caro Cosmo, sono una ‘figlia’ e sono di Roma. Ti seguo da un po’ di tempo, ho letto tutte le lettere che ti hanno scritto su Sorrisi e Canzoni e, malgrado all’inizio credevo che fossi uno dei soliti artisti, ho dovuto ricredermi quando ho visto con quanto impegno ti sei dedicato alla causa dei padri separati, ingiustamente, dai propri figli. Anche per me vale il discorso che i luoghi comuni sono la cosa più stupida che possa esistere e che la penalizzazione del padre sia una assurda crudeltà legalizzata. La mia storia è incentrata proprio su questo. Ho 26 anni e, come già ti ho scritto altre volte, vedendo pubblicata la mia lettera solo in parte, odio fortissimamente mia madre. Lo so che pensi che non sia giusto, ma credimi l’ha voluto lei. Adoravo mio padre e all’età di undici anni i miei si sono separati. Ricordo con la morte nel cuore quando mio padre se n’è andato via. Mia mamma odiava mio padre e ha fatto di tutto per non farci frequentare e spesso ha tentato di parlarmi male di lui. Io fingevo di ascoltarla e dentro il mio cuore piangevo e desideravo vederlo e sentirmi rassicurata da lui, mentre il mio astio per lei cresceva a dismisura. Ben presto mio padre fu costretto, si COSTRETTO, e mi rivolgo anche a quell’insensibile di Teresa che ha commentato su questo blog, ad allontanarsi da me. Quando ho avuto 18 anni sono corsa da lui, ma era ammalato e poco dopo è morto. Quando scrissi a Sorrisi una lettera simile a questa fu censurata, chissà come mai.
Maledetta mamma che so che leggi sempre questo blog insieme a Vincenzo, voglio dirti che ti odio profondamente, e che spero con tutta me stessa che i tuoi ultimi anni siano mostruosi e pieni di rimorsi e che tu non possa vivere mai in pace con il tuo secondo marito. Maledetta tu e maledette tutte quelle donne che si comportano come te. Cosa credete di fare separandoci dai nostri padri? Pensate forse che il richiamo del sangue non conti? Pensate che noi figli siamo proprietà soltanto delle madri? Mi hai rovinata cara mamma, come figlia, come moglie e come madre. Non voglio figli, per me è stato brutto essere una figlia, solo ed esclusivamente per colpa tua.
Ho paura di diventare madre perché potrei diventare come te. Come mai la ex moglie di Vincenzo non ha ostacolato il suo rapporto con i suoi figli? Vergognati! Cosa bisogna pensare allora, che Antonio Faccini abbia soltanto fatto bene a uccidere quelle persone che progetavano di allontanarlo per sempre da suo figlio? Non posso condannare Antonio, io lo lascerei libero di abbracciare suo figlio.
Grazie Cosmo per darci un po’ di voce, parlo a nome mio e di chissà quanti figli separati dal padre per colpe altrui. Ti prego continua a farlo anche come ho visto che hai fatto anche nelle vesti di coronel milza.
L.A.

===============ULTIM'ORA========================================

Marco Baldassari propone:

Incontro Torino Giovedi sera 15/6 alle ore 21 c/o CIPES, Via Sant'Agostino,20Organizzazione conferenza nazionale "Aspetti psicologici nelle separazioni"Patologie - Mobbing Genitoriale - Mediazione e sensibilizzazione alla relazione – Legge


A Torino una conferenza scientifica-divulgativa che pone in primo piano la psicologia nelle separazioni ovvero nei conflitti familiari. L'obiettivo e' quello di promuovere una cultura e una serie di azioni per ridurre il conflitto. Si deve ottenere un maggiore integrazione di competenze e risorse tra gli ambiti della psicologia/psichiatria e di legge/tribunali in modo da vedere riconosciuta la violenza psicologica esercitata con un tipico comportamento (MOBBING) che provoca patologie e danni esistenziali. Invece di attendere le patologie prima di intervenire, riconoscere il mobbing consente di PREVENIRE intervenendo tempestivamente in modo da ridurre il conflitto. Su tutti i giornali oggi si parla dei due ragazzini scappati di casa, dopo 10 anni di guerre in tribunale. Purtroppo spesso si leggono fatti di sangue. Questi drammi si possono e si devono evitare, anticipando l'azione legale o almeno attivandosi in parellelo ad essa con adeguate attivita' che pongano la psicologia in primo piano.



junio 07, 2006

Un assassino chiede perdono




[Cosmo de La Fuente]

Quali siano i motivi per cui una mente venga colta da raptus di follia e scateni l’ira omicida di una persona, non ci è dato saperlo ma, se riflettiamo un po’,possiamo almeno provare a dare delle risposte e scovare delle motivazioni che ci aiutino a non dover guardarci intorno terrorizzati in attesa che qualcuno, improvvisamente, imbracci un’arma per ucciderci.
Se andiamo a ritroso nella vita di chi ha ucciso, osservando gli eventi della sua esistenza, potremmo rimanere stupiti dal fatto che si tratta, in apparenza, di una persona cosiddetta ‘normale’ e che parecchie sue abitudini, usi e costumi sono del tutto simili ai nostri. Non siamo allora di fronte a un mostro che uccide per il solo piacere di farlo alla stregua di ‘Jack lo squartatore ’ e, se fino ad oggi abbiamo provato a cancellare dalla memoria gli omicidi più odiosi considerandoli una sorta di prodotto di deformazioni mentali dell’uomo e che quindi non potranno mai sfiorarci, abbiamo sbagliato. E’ giusto inorridire di fronte a tali atti ed è anche sacrosanto condannarli, dall’altro è equanime porsi delle domande per tentare di capire se qualcosa o qualcuno abbia contribuito ad armare una mano assassina, una specie di mostro occulto che ha lavorato insieme al mostro di cui già conosciamo l’identità.
Questa volta non voglio parlare di quelle mamme che, per motivi ancora sconosciuti, hanno assassinato i propri bambini, anche perché trattandosi di madri siamo pronti ad avere, almeno per una frazione di secondo, un intenerimento di fronte alla donna che riteniamo vittima di chissà quale vita disastrata , costellata di frustrazioni che hanno intorbidito ,addirittura, l’indiscusso amor di madre costringendola ad uccidere i propri figli. Siamo talmente inquadrati sul matriarcato che riusciamo, anche dopo un atto del genere, a comprendere il dolore che possa provare una mamma assassina, quasi come se il killer fosse un’altra persona.
Voglio parlare solo di un caso, anche se ce ne sono moltissimi, un fatto di cronaca nera che, secondo me, è un po’ l’esempio di come la mente umana non riesca, a volte, a non valicare il confine tra il giusto e l’ingiusto.
L’assurda e l’infinita penalizzazione nei confronti del padre è la concausa per cui molti uomini ricorrono ad atti estremi come il suicidio e, nei casi peggiori, all’omicidio. Antonio, ormai in carcere da tre anni perché condannato all’ergastolo, mi ha chiesto di aiutarlo a stilare e pubblicare la sua lettera di richiesta di perdono. Ha capito di aver sbagliato perché non solo ha tolto la vita a tre persone ma ha, in un certo senso, rovinato per sempre quella del suo bambino, in nome del quale, dice, si era vestito d’assassino. Colpevole lo è, lo sappiamo tutti, ed è giusto che paghi. Mi domando se per caso in questa triste vicenda esiste qualcuno, che, sfruttando la continua penalizzazione del padre, ha contribuito a consolidare questo stato di frustrazione favorendo questa strage annunciata. Se, come si sostiene, Antonio aveva già delle turbe psichiche, non sarebbe stato più giusto non fargli arrivare quel giorno un fax con il quale gli veniva comunicato l’avvio della pratica di perdita di paternità? Se sei di fronte a un individuo soggetto a debolezze psicologiche non è meglio non esasperarlo? Antonio deve pagare, lo sa anche lui. Da dietro le sbarre, dopo aver letto alcuni miei pezzi dove parlo dell’amore di padre, si è messo in contatto con me. Se oggi parlo di lui è per via di un suo specifico desiderio, di una sua supplica,quasi come se fosse l’ultima sigaretta di un condannato a morte. Non mi sono buttato a capofitto sulla sua storia, so perfettamente che è una brutta vicenda che non viene accettata dall’opinione pubblica, ma, allo stesso tempo, ho pensato che avrei potuto accontentarlo nel suo umano desiderio e che potrebbe servire da monito ad altri. Antonio è colpevole, ha tolto la vita a una madre e ad altre due persone, deve pagare. Riusciamo insieme a scovare dove si celi l’altro mostro? Quello che non si vede, quello che ha sguazzato nel mare dell’indifferenza. Cosa ne pensate? Che nome e che faccia ha il mostro occulto?
Ho voluto che fosse proprio Antonio a parlare, ho soltanto modificato, dopo averglielo domandato, alcune frasi che risultavano leggermente contorte e quindi di non facile comprensione. La lettera che segue è quella di Antonio Faccini, l’ex carabiniere che alcuni anni fa ha ucciso tre persone: la suocera, la moglie e il suo nuovo compagno.Il soggetto conteso era un bambino di tre anni.





Cari direttori, redattori e giornalisti, che vi occupate d’informazione e intrattenimento, che spesso sbattete il mostro in prima pagina, vogliate gentilmente leggere questa mia lettera. Vi supplico di leggerla e,se potete, di calarvi nei panni di un uomo che prima di diventare assassino è stato una persona come voi. 
Vi prego di leggere le mie parole e quelle di Cosmo de La Fuente. Se qualcuno vuol farmi sapere qualcosa può rivolgersi a lui, sarà più facile interagire.
Vogliate pubblicare questa mia riflessione e questa mia richiesta di perdono.
Vi ringrazio di cuore, 
un mostro…un padre
Antonio Faccini


[antonio]

Caro Cosmo de La Fuente, sento di non aver il diritto di parlare ma credo che soltanto un padre ‘normale’ come te, che ha raccontato della sofferenza di uomini separati dai propri figli, che ha espresso con sensibilità il sentimento maschile senza timore di venire sbeffeggiato e senza pudore, possa capire, almeno in parte, quale sia il mio perenne calvario. Ho pianto quando hai parlato dell’amore che ti lega ai tuoi genitori e di quello per tua figlia. Ora, che ti scrivo da tempo, mi rivolgo a te e ti chiedo di aiutarmi ad esternare quella parte di me di cui nessuno parla. Solo tu puoi farlo. Anche un mostro può amare.
Il mondo mi definisce ‘mostro’, me lo sono chiesto anch’io milioni di volte se lo sono e tale mi sono sentito. E’ tardi ormai, ma ho preso coscienza del gravissimo errore che ho commesso. A qualunque assassino viene concesso di parlare, vorrei soltanto che il mondo sapesse che in fondo non sono un demonio ma un debole che, colpito da disperazione, ha ucciso tre persone.
Chiedo perdono al mondo per quello che ho fatto ;chiedo perdono alla mamma di mio figlio, alla donna che ho amato e dalla quale non sono riuscito ad accettare l’improvvisa decisione di negarmi per sempre quella creatura frutto del nostro amore; chiedo perdono in ginocchio, soprattutto, al mio cucciolo che forse non saprà mai quanto l’amo.
Ho quasi 41 anni e per 20 ho servito l’Arma dei Carabinieri. Dal 2003 sono in carcere per il grave errore che ho commesso. So di meritare la condanna che mi è stata inflitta, non mi spaventa aver perso la libertà, è giusto che sia così. Quello che mi spaventa è il dolore per non poter mai più vedere mio figlio.
Caro Cosmo, prima di arrivare all’orrendo fatto, ho chiesto aiuto a tutti, anche ai magistrati, ma nessuno è riuscito ad aiutare un padre che non voleva perdere definitivamente il proprio figlio. Perché, da sempre, una donna ‘violenta’ viene perdonata e un uomo definito tale viene marchiato a fuoco? Almeno come carcerato condannato vorrei essere trattato come le donne carcerate per reati simili perché a loro viene concesso almeno di vedere i propri figli.
Preferirei la pena di morte se, anche per solo dieci minuti, potessi vedere il mio bambino, carezzare le sue guance.
Tu che ti rivolgi come padre mi fai emozionare, nel mio petto batte un cuore .
Mia moglie era bellissima, proprio come mio figlio, ci siamo conosciuti nel 1986, l’ho sposata nel 1991, quel giorno eravamo radiosi: lei meravigliosa e io vestito in alta uniforme. Eravamo talmente innamorati che nemmeno l’ostruzione fatta dalle nostre rispettive madri era riuscita a scalfire il nostro sentimento. Nel 1999 è nato il nostro bambino Alessandro. La felicità dura poco, lo so, ben presto la mia adorata moglie s’innamorò del figlio di un’amica di sua madre e andò a vivere con lui. Qui sono cominciati i problemi, nei pochi momenti che riuscivo a vederlo il bambino mi diceva che aveva un nuovo papà e che lo picchiava quando faceva la pipì a letto. Il mio rancore diventava sempre più grande ma soffrivo in silenzio.
Già prima che mia moglie se ne andasse avevo cominciato ad avvertire che qualcosa non andava. Lo capivo dal suo comportamento e dalle parole di mia suocera che, quando mi parlava al telefono, mi trattava duramente e si rivolgeva a me con tono ironico. Stavano studiando come togliermi il bambino e non farmelo vedere mai più. Quando ne parlai con mia moglie, che ancora viveva con me, mi disse di non credere alle parole di sua madre.
La mamma di mia moglie continuava a dirmi che prima o poi sua figlia sarebbe tornata da lei e che si sarebbe presa anche il bambino. Mi odiava. Avevo solo il conforto di convivere con il piccolo che mi adorava, che piangeva quando doveva allontanarsi da me anche per pochi minuti.

PAG.3

Mia moglie lavorava in ospedale , quando rientrava a casa non mi guardava nemmeno e un giorno seppi che ne aveva un altro. Accettai anche questo fintanto che non mi comunicò che se ne sarebbe andata da sua madre portandosi il bambino e che non me lo avrebbe fatto più vedere perché, mi disse: “i figli, tanto, restano sempre con la mamma”. Solo l’idea di non vedere mai più il bimbo mi sconvolse e per un anno non feci che piangere. Per diciotto mesi rimasi in cura psichiatrica, non riuscivo ad accettare il distacco da mio figlio, ma questo, in tribunale, non contò nulla. Nemmeno nel processo a mio carico con l’imputazione di omicidio.
In tribunale, quando si parlava di affidamento esclusivo, persi la calma e mostrai la mia parte peggiore: mi arrabbiai, urlai e minacciai che se mi avessero allontanato dal bambino avrei perso la testa.
Vedevo mio figlio ogni quindici giorni e quando era il momento di riportarlo dalla madre, che viveva col suo compagno e mia suocera, piangeva disperato e mi diceva: “papà non portarmi da loro, mi picchiano”. Il mio cuore era gonfio di tristezza e un giorno che lo accompagnai a casa mi nascosi nella legnaia per vedere cosa succedeva e scoprii inorridito che la nonna lo picchiava con un cucchiaio di legno. Decisi di non intervenire per evitare altri problemi. Due giorni dopo, però, lo portai in ospedale, ma il referto sparì.
Il 19 marzo 2003, grazie ad un’ordinanza del Giudice, al bambino venne concesso di stare con me per il giorno del padre, ma mia moglie era arrabbiata e al telefono mi disse: ‘goditelo pure, presto non lo vedrai più’. Mi disse che avrei perso la Patria Potestà e cose del genere. Non volli discutere, anche perché ero felice di stare una giornata con mio figlio.
Il 2 Aprile ricevetti un fax con il quale mi si comunicava che avevano intrapreso la pratica per togliermi la Patria Potestà, pensai a un ‘pesce d’aprile’. Telefonai a mia moglie che mi confermò tutto, aggiungendo che suo figlio aveva oramai un altro padre migliore di me. Non so descriverti cosa provai, urlai e piansi ma sentii il bisogno di andare da mio figlio e senza nemmeno riuscire a ragionare, corsi a prendermelo senza dimenticare, ahimé, di portarmi la pistola.
Quando quella porta si aprì il bambino corse da me e si allacciò alla mia gamba, ero disperato e non ci pensai due volte a esplodere un colpo contro mia suocera, l’uccisi. Tentai di uccidere anche mio cognato ma non riuscii a centrare il bersaglio. Andai in camera trovai mia moglie col suo compagno e uccisi anche loro. Tolsi la vita alla donna che avevo tanto amato e che non capivo come poteva infierire su di me in questo modo.
Scappai con mio figlio e lo portai a casa di mia sorella ad Almese e poi, senza fare resistenza alcuna, mi costituii ai colleghi carabinieri di Rivoli.
Cosmo, anche tu penserai che sono un mostro, ma ti giuro che chi mi conosce non può credere che io abbia commesso un crimine così grande. Sono colpevole, non intendo sottrarmi a questa colpa né cercare pietà in quanto assassino. Voglio soltanto che tutti sappiano che credevo di essere un uomo normale, che desiderava poter continuare ad amare il proprio figlio e se io sono colpevole di aver commesso quel brutto delitto, un po’ di colpa ce l’ha anche la parzialità del nostro sistema che mi ha vietato di essere padre.
Vivo nella speranza di poter rivedere mio figlio per qualche minuto, spero che Dio voglia concedermi il suo perdono. Chiedo perdono a mia moglie, alle persone che hanno sofferto per causa mia e a tutti gli italiani che hanno sentito attraverso i media che un loro connazionale ha commesso un crimine di questo tipo.

Perdonatemi se ci riuscite. Amo mio figlio con tutto il mio cuore e sogno, dalla croce del mio dolore,di poterlo vedere ancora. Chiedo a te di diffondere la mia lettera e che, usando la tua sensibilità ed espressività, tu possa riuscire a trasformare in parole quello che sono. Le tue parole spesso mi hanno lenito il dolore che provo e il rimorso che mi attanaglia. Grazie a te Cosmo, grazie a chi vorrà rendere pubblica questa lettera, così com’è, come un ultimo grido d’amore di un individuo che ha sbagliato.
Antonio Faccini

[cosmo]

Riflettiamo su quanto accaduto. Nessuno mai deve arrogarsi il diritto di togliere la vita ad un altro essere umano e se lo fa deve essere punito severamente; nessuno potrà mai accettare che tre vite umane siano state spente dalla mano di Antonio. Comprendo anche il dolore del fratello della moglie di Antonio che, in un attimo, ha perso sia la sorella che la madre. Come padre ringrazio il cielo di non essermi mai trovato di fronte ad una situazione del genere, perché sicuramente non avrei ucciso nessuno, ma non sono sicuro al 100% che non avrei perso il lume della ragione.
Ho ritenuto giusto che Antonio potesse comunicare con questa lettera. Speriamo che il bambino possa dimenticare l’atrocità a cui ha assistito, perché l’unica vittima è proprio lui.

familiafutura@gmail.com